L'opera, che scoperta!
Torino: il successo di "The Best of Italian Opera" al Teatro Regio
Recensione
classica
Un pubblico nuovo per l’opera? C’è, eccome. Non sono abbonati alla stagione invernale, non frequentano abitualmente il mondo dell’opera ma si sono lasciati conquistare dalla proprosta estiva del Teatro Regio di Torino: 4 opere in scena per 16 giorni di seguito, tutte le sere, come a Vienna: Bohème, Barbiere di Siviglia, Traviata e Norma, ovvero “The Best of Italian Opera” dal 9 al 26 luglio. Un’idea nata guardando ai turisti di Expo (a 33 minuti di treno da Torino) ma che potrebbe diventare una tradizione trasformandosi in un vero e proprio festival estivo. La ricetta è semplice: quattro allestimenti che il Regio ha già messo in scena, visti e rodati, un piano prove degno di una base spaziale (una squadra notturna per smontare le scene, i quattro allestimenti già posizionati in quattro zone del palco, a incastro, mentre in sala si fa una prova all’Italiana, in sala orchestra si fa la prova musicale e così via…), campagne pubblicitarie, abbonamenti ai quattro titoli a prezzi speciali.
E il pubblico risponde, magnificamente. Bisognava vederli, nelle calde sere torinesi, quei ventenni che, elegantissimi, mano nella mano, si facevano i selfies nel foyer, o quella coppia di turisti francesi che appena seduti in sala estraevano dalla borsa una stampata da Wikipedia con la trama del Barbiere. E quando mai al Regio si era vista una maschera portare un cuscinone (proprio come fanno al cinema per i cartoni animati) per permettere a quel bambino di sedersi in poltrona e vedere il Barbiere? E’ un pubblico nuovo, curioso, pronto ad emozionarsi: fa "oh" quando scende la neve nel terzo atto di Bohème, ride alle battute del Barbiere, piange quando Violetta muore (una ragazzina davanti a me, si gira verso la madre in lacrime “dai, domani veniamo a vedere il Barbiere, così si ride”), parteggia per Norma contro il fedifrago Pollione. E’ un clima di festa, di scoperta, di rivelazione, ci sono quelli che consultano la piantina della sala perché pensano già di abbonarsi alla stagione invernale, quelli che applaudono tra aria e cabaletta (ma cosa importa!), quelli che quando inizia la Calunnia la canticchiano a mezze labbra, c’è la signora che è venuta apposta dall’Emilia Romagna ( “Io Roberto Abbado l’ho già sentito a Salisburgo lo scorso anno”, racconta orgogliosa), la coppia di tedeschi che cerca di imparare l’italiano leggendo i sopratitoli… Insomma, chi pensa che l’opera sia morta, chi pensa che non abbia futuro, rifletta su questo che in fondo è un bellissimo esperimento sociologico: si va all’opera per emozionarsi, gioire, soffrire, non importa se hai sentito 15 registrazioni di Traviata o se è la prima volta che ascolti Casta Diva, finchè ci sarà chi avrà la voglia di scoprire che questo è il più bello spettacolo del mondo, l’opera continuerà a vincere.
p.s. Per tutti i cast di The Best of Italian Opera: Regio
E il pubblico risponde, magnificamente. Bisognava vederli, nelle calde sere torinesi, quei ventenni che, elegantissimi, mano nella mano, si facevano i selfies nel foyer, o quella coppia di turisti francesi che appena seduti in sala estraevano dalla borsa una stampata da Wikipedia con la trama del Barbiere. E quando mai al Regio si era vista una maschera portare un cuscinone (proprio come fanno al cinema per i cartoni animati) per permettere a quel bambino di sedersi in poltrona e vedere il Barbiere? E’ un pubblico nuovo, curioso, pronto ad emozionarsi: fa "oh" quando scende la neve nel terzo atto di Bohème, ride alle battute del Barbiere, piange quando Violetta muore (una ragazzina davanti a me, si gira verso la madre in lacrime “dai, domani veniamo a vedere il Barbiere, così si ride”), parteggia per Norma contro il fedifrago Pollione. E’ un clima di festa, di scoperta, di rivelazione, ci sono quelli che consultano la piantina della sala perché pensano già di abbonarsi alla stagione invernale, quelli che applaudono tra aria e cabaletta (ma cosa importa!), quelli che quando inizia la Calunnia la canticchiano a mezze labbra, c’è la signora che è venuta apposta dall’Emilia Romagna ( “Io Roberto Abbado l’ho già sentito a Salisburgo lo scorso anno”, racconta orgogliosa), la coppia di tedeschi che cerca di imparare l’italiano leggendo i sopratitoli… Insomma, chi pensa che l’opera sia morta, chi pensa che non abbia futuro, rifletta su questo che in fondo è un bellissimo esperimento sociologico: si va all’opera per emozionarsi, gioire, soffrire, non importa se hai sentito 15 registrazioni di Traviata o se è la prima volta che ascolti Casta Diva, finchè ci sarà chi avrà la voglia di scoprire che questo è il più bello spettacolo del mondo, l’opera continuerà a vincere.
p.s. Per tutti i cast di The Best of Italian Opera: Regio
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