Life on a string
Laurie Anderson all'Ex3 di Firenze nella performance “Delusion”
Recensione
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«Emetto un suono, e vorrei che lo seguissi con la mente… In quale direzione stiamo andando?». Il senso più profondo della performance Delusion di Laurie Anderson, commissionata da Vancouver 2010 Cultural Olympiad e presentata in prima italiana a Firenze, sembra essere contenuto in queste poche parole, tra le prime declamate sul palco dell'Ex3 nel flusso onirico e avvolgente fatto di suoni, brevi racconti e sofisticati paesaggi di video arte. Partendo da questo quesito “esistenzial-sonoro” sul futuro infatti, la voce ipnotica e ammaliante della Anderson, a tratti tramutata in quella del suo alter ego maschile Fenway Bergamot, traccia percorsi narrativi da un lato intimi, nell'evocare ad esempio la recente scomparsa della madre, quanto pubblici e politici, per descrivere l'attuale stato di “sospensione” del sogno americano. Sospeso, proprio come su quella corda (di violino?), che continua a essere la metafora prediletta dall'artista, in un rapporto simbiotico tra la sua musica, la vita, il suo modo di fotografare la società. Sui tre schermi montati alle sue spalle scorrono immagini autunnali, ventose, cupe, che accompagnano il racconto verso luoghi lontani, dai ghiacciai fino al cosmo. E malgrado nel complesso la monotonia del recitato, seppur intermezzata dal violino e da campionamenti di tastiere e percussioni, faccia avvertire l'assenza sostanziale di momenti cantati, il pubblico accetta di buon grado il viaggio proposto dall'artista, superando anche i momenti più ostici e dissonanti con uno scroscio di applausi.
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