Le donne di Emma Dante

A Bolzano La voix humaine Cavalleria rusticana per Opera 20.21 della Fondazione Haydn

La Voix Humaine (Foto Massimo Franceschini)
La Voix Humaine (Foto Massimo Franceschini)
Recensione
classica
Teatro Comunale, Bolzano
La voix humaine, Cavalleria rusticana
30 Novembre 2018 - 02 Dicembre 2018

È l’allegoria – forte e drammatica – della solitudine femminile quella messa in scena nella visione registica attraverso la quale Emma Dante ha accomunato La voix humaine Cavalleria rusticana. Un dato, questo, che caratterizza questo allestimento bolognese che ha debuttato lo scorso anno, ora ripreso dai teatri del circuito OperaLombardia e scelto per inaugurare la stagione 2018-2019 di Oper.A.20.21, organizzata dalla Fondazione Haydn e ospitata dal Teatro Comunale di Bolzano (dopo Pavia, Como, Bolzano e Cremona, ultime recite a Brescia i prossimi 13 e 15 dicembre).

Nell’eleganza raffinata e asettica della stanza pensata per l’opera che Poulenc ha tratteggiato sul libretto di Cocteau, seguiamo la protagonista ricercare tracce di un uomo, di un amore ormai distante, lontano anche da quel telefono che si rivela muto simulacro di una voce che non c’è più, presenza ormai distaccata dalla vita della donna, così come scollegato è il filo della cornetta ora accarezzata, ora afferrata dalla stessa protagonista. Una “lei” che incarna una condizione di solitudine nella quale l’unica vera voce è quella della stessa donna, qui incarnata dalla classe di Anna Caterina Antonacci, capace di disegnare con una vocalità raffinata e continuamente cangiante gli sbalzi di umore, gli stati d’animo schizofrenici di un’amante ferita, sola. Una solitudine che prende via via il posto dell’illusione, ancora presente all’inizio dell’opera, che dall’altra parte del filo una voce, una presenza ci sia ancora, illusione che viene schiacciata da una realtà che prende forma nella stanza che si chiude e diviene sempre più claustrofobica, abitata dal fantasma dell’amato che la attraversa a passo di tango, o da infermieri e medici che disvelano poco a poco la condizione nella quale è precipitata la protagonista.

Il dramma di una donna che subisce l’assenza della voce dell’amato si intreccia con la tragedia generata dallo sguardo di un uomo che cambia l’oggetto dei suoi desideri e che, in Cavalleria rusticana, genera la sete, o meglio la necessità, l’urgenza di vendetta di una donna abbandonata. La Sicilia che Mascagni ha tratto da Verga viene restituita dalla lettura della Dante depurata da qualsivoglia orpello folclorico, pulita nell’eleganza di un immaginario dove anche la festa popolare per la Pasqua o il tradizionale variopinto carrettino siciliano sul quale giunge Alfio sono oggetti simbolici che abitano una rappresentazione che si fa rito. Così la narrazione della vicenda di Santuzza e Turiddu viene inframmezzata da plastiche rievocazioni pittoriche, dal sapore caravaggesco, della Passione di Cristo, immanente simbolo dell’espiazione tragica delle debolezze dell’uomo. Debolezze che prendono corpo nella pulsione che porta Turiddu – qui interpretato con efficace e misurato gusto da Angelo Villari – ad abbandonare Santuzza per Lola, quest’ultima incarnata dalla fresca vocalità di Francesca Di Sauro. Oppure la debolezza di una donna ferita – la Santuzza restituita con buon impegno da Teresa Romano – che cede alla sete di una vendetta per la quale inevitabilmente si pentirà, spingendo Alfio (un corretto Mansoo Kim) ad assassinare l’amato. La debolezza, infine, di Lucia (una convincente Giovanna Lanza), una madre che, forse più per amore delle convenzioni sociali che del figlio, in un certo qual modo finge di non vedere la realtà e il dramma imminente.

Una narrazione differente delle due opere ma intensa nella sua pulizia scenica (scene di Carmine Maringola, costumi di Vanessa Sannino, luci di Cristian Zucaro), ben assecondata dal versante musicale gestito da Francesco Cilluffo alla guida di un’Orchestra Haydn puntuale nel valorizzare le differenti caratterizzazioni delle due partiture (adeguato anche il coro OperaLombardia preparato da Diego Maccagnola). Alla fine applausi meritati per tutti gli artisti impegnati.

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