Le 100 percussioni, teatrali e ipnotiche, razionali e mistiche

100 percussioni a Ravenna Festival: un festival nel festival, in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana

100 percussioni - Ravenna Festival - Kathinkas Gesang (foto di Angeli Palmieri)
Kathinkas Gesang (foto di Angeli Palmieri)
Recensione
classica
Ravenna Festival
100 percussioni
11 Giugno 2019 - 13 Giugno 2019

Non si capisce perché da qualche tempo sia diventato necessario dare a ogni edizione di un festival un titolo speciale, che necessariamente, per poter abbracciare decine e decine di manifestazioni diverse, deve avere un significato così ampio e generico che finisce per non indicare nulla di preciso. Eppure il Ravenna Festival quest’anno è riuscito a scegliere un titolo splendido, … per l’alto mare aperto…, che è perfetto anche per quel festival nel festival che è la serie di concerti intitolati 100 percussioni, perché effettivamente quei compositori che cent’anni fa hanno cominciato a scrivere dei pezzi per soli strumenti a percussione, hanno superato come l’Ulisse dantesco le colonne d’Ercole che fino ad allora avevano segnato i confini di un mondo musicale fatto di altezze determinate, melodie, accordi.

Ravenna Festival, Dante nel Mediterraneo

Tra i tanti concerti di questi dieci giorni dedicati alle percussioni, ne abbiamo seguiti – un po’ per scelta e un po’ per caso – i due con musiche di compositori già storici, ovvero Stockhausen, Xenakis, Reich, Scelsi, ma anche del ben più giovane Giorgio Battistelli, che apriva il primo dei due concerti con Ostinato, eseguito dai tre ottimi strumentisti di Ars Ludi, che con il consenso dell’autore ne hanno preparato una loro versione, già eseguita numerose volte, che prevede un nastro preregistrato e soprattutto la moltiplicazione degli strumenti (ognuno dei tre esecutori manovra un ampio campionari di percussioni) cosicché le figurazioni ritmiche ostinate passano attraverso diverse trasformazioni timbriche e diverse spazializzazioni, mentre contemporaneamente i tre percussionisti devono arrivare fino ai limiti delle loro possibilità fisiche.

In tal modo entrano in Ostinato quegli elementi di teatralizzazione e di drammatizzazione che sono caratteristica precipua di Battistelli, e non solo delle sue opere teatrali, ma anche di altri lavori per percussioni e idiofoni come Experimentum Mundi e Orazi e Curiazi. Invece in Drumming – capolavoro di Steve Reich e opera emblematica della musica americana non solo degli anni Settanta ma di tutto il secolo scorso – non c’è alcun percorso drammatico ma una struttura circolare: ognuna delle prime tre sezioni ritorna al punto da cui era iniziata ed è affidata a strumenti uguali (tamburi nella prima sezione, marimbe nella seconda, glockenspiel nella terza) proprio per annullare ogni contrasto di sonorità, affinché tutta l’attenzione si concentri sul battito.

Anche quando intervengono la voce, il fischio e l’ottavino, il risultato non cambia, tutto appare immobile e allo stesso tempo in continua lentissima trasformazione o piuttosto rotazione, ottenuta con il processo di defasaggio utilizzato da Reich in tutta (o quasi) la sua musica. L’effetto è ipnotico e porta alla perdita della esatta percezione dello scorrere del tempo. Soprattutto nella quarta e ultima sezione – a cui partecipano tutti gli esecutori delle precedenti tre – si creano strani fenomeni psicoacustici, quando l’attenzione scivola dal dominante battito ostinato ad altri motivi ritmici secondari o addirittura ne crea di suoi propri, mettendo insieme singole note dei vari motivi. Ad ogni ascolto questo lavoro apparentemente ripetitivo rivela complessità insospettate e nuovi aspetti. 

100 percussioni - Ravenna Festival Ars Ludi (foto Zani-Casadio)
Ars Ludi (foto Zani-Casadio)

Per il secondo concerto ci si trasferiva da Ravenna a Forlì, nella chiesa sconsacrata di San Giacomo: questo piccolo viaggio offriva la grande opportunità di visitare anche la bella mostra sulla pittura dell’Ottocento italiano allestita lì accanto nei Musei di San Domenico. Il protagonista del concerto era Karlheinz Stockhausen, con due brani ricavati da Die sieben Tage der Woche, il ciclo di sette opere teatrali, che a mio modesto avviso è uno dei più grandi sprechi di tutta la storia della musica: un genio come Stockhausen dedicò caparbiamente venticinque anni della sua attività, dal 1978 al 2003, per realizzare questo progetto sostanzialmente abortito, che non è stato mai ripreso e di cui talvolta riemergono solo dei frammenti, come in questo caso. Si sono ascoltati Vibra Elufa per vibrafono, che simboleggia la tentazione di Eva ed è ricavato come brano a sé stante dall’opera dedicata al venerdì, e il più ampio e complesso Kathinkas Gesang, un “Requiem per Lucifero”, che come spiegò  lo stesso Stockhausen consiste in “esercizi musicali da ascoltare regolarmente per 49 giorni dopo la morte fisica”.

Confesso di non esser capace (o di rifiutarmi) di capire questa e altre cogitazioni dello stesso genere, ma bisogna riconoscere che – pur partendo da presupposti opposti da quelli matematici dei lavori dei decenni precedenti, che restano i suoi più importanti – Stockhausen si conferma un grande musicista anche in Kathinkas Gesang, che non lascia indifferente l’ascoltatore, invitandolo però a un ascolto diverso, direi rilassato, e a lasciarsi andare.

Anche questo concerto, come il precedente, si chiudeva dunque con un brano quasi ipnotico, ma si era aperto con un brano di arcaica potenza rituale, Psappha di Iannis Xenakis, che con la forza primigenia e implacabile delle percussioni inchioda l’ascoltatore e lo costringe ad un’attenzione spasmodica, senza possibilità di fuga verso fumosi misticismi.

Realizzati in collaborazione con l’Accademia Chigiana, questi due concerti di 100 percussioni avevano come protagonisti gli allievi del corso di percussioni della prestigiosa istituzione senese, riuniti sotto il nome di Chigiana Percussioni Ensemble e preparati e diretti dal loro straordinario maestro Antonio Caggiano, che li ha coinvolti con entusiasmo e portati a risultati ottimi. Con la partecipazione anche di esecutori esperti, i migliori in questo campo, quali Ars Ludi e il flautista Michele Zurria.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

classica

A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista