L’Africa molto europeocentrica di Ludovico Einaudi e Ballaké Sissoko.
L'Africa è lontana, ma il pubblico è soddisfatto di poter ascoltare un collaudato Einaudi
Recensione
world
Folto pubblico per l'appuntamento di ieri della stagione 2008-09 dell'Accademia Filarmonica Romana con Ludovico Einaudi e Ballaké Sissoko, un pubblico probabilmente già in confidenza col compact Diario Mali, del 2007 e al quale il concerto faceva riferimento per proporre un ideale viaggio nel cuore dell'Africa, in quella regione del Mali da cui il secondo artista proviene. Il kora, strumento a 21 corde ricavato da una grande zucca, ha aperto la serata come solista: Ballaké Sissoko sfiora, pizzica, sperimenta in tutte le sue possibili sonorità, trasportando la platea romana oltre il Mediterraneo, ma parlando un linguaggio musicale ancora molto vicino alla tradizione europea. Poi arriva anche Einaudi, col suo consueto, appassionato eloquio pianistico, su cui l'artista africano si inserisce, arricchendo e contrappuntando il suono dello strumento a tastiera. Complice però un'amplificazione che appiattiva alla ricca timbrica dello Steinway usato dal nostro Ludovico e che, soprattutto, tendeva a coprire il complesso ricamo sonoro dell'africano, il concerto è sembrato molto simile, anche troppo, a un concerto del solo Einaudi. Inoltre i nostri artisti hanno duettato rimanendo assai legati agli stilemi su cui è basato il successo del pianista italiano: il viaggio al centro dell'Africa è rimasto più nelle buone intenzioni degli interpreti e, di conseguenza, nella sola fantasia del pubblico. Di un pubblico che comunque è figlio di un'epoca turbolenta, desideroso soltanto di fissare una determinata emozione o stato d'animo proveniente dall'ascolto musicale, e di poterlo protrarre all'infinito, immodificato: in fondo lo stile di Ludovico Einaudi, con o senza Ballaké Sissoko, nasce in risposta a questa richiesta di intimità musicale, priva di turbamenti, apparentemente rassicurante
Interpreti: Ludovico Einaudi, pianoforte. Ballaké Sissoko, kora.
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