LaFil: Maratona Brahms
A Milano con Gatti sul podio
Con la maratona Brahms alla Sala Verdi del Conservatorio di Milano, ospite della Società del Quartetto, LaFil (Filarmonica di Milano) ha superato brillantemente la prova del nove (lo scorso maggio l'acustica del Palazzo delle Scintille non aveva giocato a suo favore). Senza dubbio si tratta di un'organico di altissimo livello, capace di estrema precisione, di un fraseggio degli archi elegantisimo, di trasparenze da orchestra da camera come di sontuosi volumi di suono. Daniele Gatti ha avuto modo di fare molte ore di prove e l'esito è stato a dir poco straordinario, un Brahms così massiccio e insieme etereo sono anni che non lo si ascoltava.
Il progamma è stato quanto mai impegnativo, con alcuni sconfinamenti nel repertorio cameristico brahmsiano. Agli sponsor e agli amici dell'orchestra è stato offerto un concerto il 25 ottobre alla Sala della Balla del Castello Sforzesco col Quartetto per pianoforte n. 3 e il Sestetto per archi n. 1, ai quali hanno partecipato le prime parti di LaFil, insieme col violoncellista Jan Vogler, la viola del Metropolitan Dov Scheindlin, il pianista Francesco Granata. Poi due giorni di musica per tutti. Il 26 pomeriggio al Conservatorio, il Trio op. 40, con Frank Peter Zimmermann (violino), Natalino Ricciardo (corno) e Enrico Pace (pianoforte). Un raro e curioso ascolto, col corno che sostituisce il violoncello. Di seguito l'organico al gran completo con Gatti sul podio per la Tragische Ouvertüre e la Prima sinfonia. E subito si ha avuta la certezza della profonda complicità che si era creata fra il direttore e gli strumentisti. Alla sera, Zimmermann nel Concerto per violino di Beethoven ha mostrato di avere un'intesa naturale con l'orchestra e magica delicatezza, specie nei frequenti dialoghi coi fiati, un'ottima sezione dell'organico, in grado quasi di sussurrare. Il violinista è stato premiato con ovazioni davvero inconsuete. A seguire la Terza sinfonia, conclusa con gli applausi interminabili della sala piena zeppa. Il 27 pomeriggio è stata la volta di Jan Vogler nel Concerto per violoncello di Schumann, un solista che riesce sempre a sorprendere per la naturalezza dell'interpretazione. Poi ritorno a Brahms con la Seconda sinfonia. Alla sera le Variazioni su un tema di Haydn (dopo la passacaglia finale verrebbe voglia di ascoltare LaFil nel repertorio barocco) e la Quarta sinfonia. E si è avuta la conferma di quanto solida sia la lettura di Brahms da parte di Gatti per la tensione continua che riesce a infondere in orchestra mantenendo un totale controllo delle diverse sezioni. L'emozione fra il pubblico era più che evidente.
Si è avuta l'impressione che di una sola cosa LaFil non sarà mai capace, ed è la routine. È la sua stessa natura che probabilmente la salva, perché l'organico si forma secondo progetti (a Milano due giorni due volte l'anno, prossimo incontro a fine maggio 2020 al Lirico), i giovani strumentisti vengono scelti a chiamata e la carica del loro entusiasmo e del loro impegno si trasmette alle prime parti di lunga esperienza che li governano. Si tratta di un'osmosi quasi tangibile, basta guardare i volti degli uni e degli altri. È realmente una gioia vederli suonare. Al termine Gatti ha giustamente abbracciato i due grandi animatori dell'orchestra: Carlo Maria Parazzoli (primo violino di Santa Cecilia) e Roberto Tarenzi (viola del Quartetto Borciani), suoi vecchi amici di gioventù e complici del progetto. Poi ha chiesto silenzio in sala per ringraziare pubblicamente Luca Formenton, editore del Saggiatore, l'inventore e il caparbio sostenitore di LaFil.
In questa gioiosa festa della musica, è stata notata l'assenza di alcuni autorevoli critici che hanno "bucato" due giorni di musica di grande interesse. Peccato per loro e per i loro lettori.
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