La Savall-langue
Il violista catalano e il suo progetto armeno
Recensione
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Dalla fine degli anni Novanta, aprendo la sua casa discografica Alia Vox, il saggio e profondo Jordi Savall si è regalato la libertà di fare ciò che vuole. E ciò che vuole è fondere la musica antica con le musiche tradizionali del Mediterraneo, fondere secoli diversi e sempre eguali emozioni, fondere intorno ai suoi ensemble (questa volta all'Unione Musicale di Torino, Hespèrion XXI) virtuosi delle musiche tradizionali balcaniche, spagnole, arabe, ebraiche, rom, armene. Così, a qualsiasi progetto Savall si dedichi (questa volta lo "Spirito d'Armenia") noi siamo di fronte a un'altra delle infinite ore di "Savall-langue", un idioma ormai inconfondibile fatto di delicatezza, dolcezza, sublime, malinconia, calma. Quando Aram Movsiyan si alza, e con il suo aspetto da pastorello urbanizzato di Arcadia armena intona quei canti che anche l'armena Cathy Berberian interpretò nelle "Folk Songs" di Berio, ci commuove e consola come bimbi, tra dolori di tragedie di popoli, e stermini, e guerre civili, e distruzioni, ed eterna nostalgia di casa, di mamme e di amate: «Con l'ardore della mia giovinezza ho scavalcato montagne, ma non ho trovato rimedio per il mio cuore addolorato: anima mia, è l'amore per te».
Orchestra: Hespèrion XXI
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