La "novecentesca" Turandot di Mehta
Successo a Valencia per la Turandot di Mehta.
Recensione
classica
E' un po' come se a ogni gesto, ogni nota, si domandasse: "Ma se questa non fosse l'ultima opera di Puccini, come e cosa avrebbe composto dopo Turandot?". Per Zubin Mehta l'ultima opera di Puccini, si sa, è titolo amatissimo: la sua incisione discografica del 1973 è punto di riferimento imprescindibile, ormai storica la sua edizione a Firenze e Pechino con la regia di Zhang Yimou, e adesso nella sua veste di Presidente del Festival Mediterrani di Valencia l'ha scelta proprio per inaugurare al Palau de les arts Reina Sofia la prima edizione del Festival, questa volta con un altro regista cinematografico : Chen Kaige ( Palma d'oro a Cannes nel 1993 per "Addio mio concubina"). E la "Turandot "di Mehta è un lungo gesto d'amore nei confronti di Puccini: una "Turandot" tutta novecentesca, con scintillii e sonorità straussiane (mai sentita una Turandot così vicina a "Salome" e "Frau ohne Schatten"), senza retorica e clangori, e giocata sui contrasti tra ironia (quei tre ministri così leggeri e nostalgici ad apertura di secondo atto), ufficialità (le marcette della corte e dell' imperatore) e lirismo (la toccante morte di Liù). Lo segue splendidamente l'Orquestra de la Comunitat Valenciana. Kaige, al suo debutto come regista d'opera, appare un po' timido e mette in scena una "Turandot" tradizionale con la Città Proibita, il grande scalone rosso di Altoum e il coro che agita festante le bandierine. Vincente è però la scelta di far scendere Turandot dal piedistallo e mescolarla, sotto mentite spoglie, alla folla del primo atto, così che possa già scoprire chi è Calaf e cogliere gli umori del popolo, così come è di grande impatto teatrale la morte di Liù, che si strangola con un lungo velo. Meno convincente nel finale l'idea di far corre subito dietro le quinte Turandot e Calaf per la loro prima notte d' amore, lasciando sul palco popolo e imperatore. Marco Berti è un sicuro Calaf, Maria Guleghina è una principessa di gelo non sempre a suo agio nell'impervia tessitura. Buona la prova di Alexia Volgaridou (Liù) e Alexander Tsimbaliuk (Timur). Grande successo alla presenza della Regina Sofia di Spagna, standing ovation, meritatissima, per Zubin Mehta e fuochi d'artificio finali a circondare l'avveniristico teatro di Calatrava.
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