Liberato definitivamente dalla pesante simbologia massonica che ne ha segnato la nascita, “Il flauto magico” si presenta oramai come una favola sull’emancipazione. Per Damiano Michieletto, che torna alla Fenice per il suo quarto Mozart dopo la trilogia dapontiana, emancipazione vuol dire formazione e dunque la scuola è il luogo deputato all’azione scenica. La scena, del sempre bravissimo Paolo Fantin, è un’aula un po’ sbrecciata e vetusta con una grande lavagna sul fondo che si anima con le fantasiose proiezioni di Carmen Zimmermann e Roland Horvath che mutano in serpente il confuso e minaccioso distillato di formule liceali nell’Ouverture ma alla bisogna fan volare oggetti e dispensano pillole di saggezza. E talvolta quella superficie nera si apre liberando le forze avverse dell’oscurantismo oppure mostrando una simbolica selva oscura. Il gioco di Michieletto, come sempre, è condotto con una certa disinvoltura rispetto alla drammaturgia d’origine ma sempre con spirito e garbo, solo timidamente irriverente nell’indicare chi rema contro la buona scuola di Tamino – la Regina è servita dalle tre dame in abito di suora e da Monostatos, un Franti rosso malpelo che dei libri vuol fare un falò. Il finale è un po’ incerto, lieto ma non gioioso come accade quando la luce vince sulla tenebra. Nemmeno sul piano musicale splendono solo luci. Fata eccezione forse per il bravissimo Alex Esposito, penalizzato da qualche sbavatura farsesca volute dalla regia, la distribuzione vocale soffre di una certa disomogeneità sia stilistica che vocale. Antonio Poli è un Tamino con voce da vendere ma privo della nobiltà che il suo personaggio imporrebbe, Ekaterina Sadovnikova è una Pamina corretta ma poco incisiva, Goran Jurić come Sarastro manca di autorevolezza, mentre Olga Pudova affronta con onore le asperità vocali della Regina. Quanto alla direzione d’orchestra, Antonello Manacorda ha sicuramente il pregio di un’orchestrazione precisa e meticolosa, ma manca di slancio e rende poco l’ingenuità maliziosa che fa del “Flauto magico” il miracolo che è. Di peso le prove di orchestra e coro del Teatro La Fenice. Molte le repliche e tutte affollate. Risposta festosa.
Note: Nuovo allestimento della Fondazione Teatro La Fenice in coproduzione con la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Date rappresentazioni: 20, 21, 22, 23, 24, 25, 27, 28, 29, 30, 31 ottobre 2015.
Interpreti: Goran Juric (Sarastro), Antonio Poli (Tamino), Michael Leibundgut (Oratore), William Corrò (Primo sacerdote/Secondo armigero), Federico Lepre (Primo armigero/Secondo sacerdote), Ekaterina Sadovnikova (Pamina), Alex Esposito (Papageno), Caterina di Tonno (Papagena), Olga Pudova (Regina della notte), Cristina Baggio (Prima dama), Rosa Bove (Seconda dama), Silvia Regazzo (Terza dama), Marcello Nardis (Monostatos), solisti del Münchner Knabenchor (Tre Geni), Daniela Foà (una vecchia)
Regia: Damiano Michieletto
Scene: Paolo Fantin
Costumi: Carla Teti
Orchestra: Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore: Antonello Manacorda
Coro: Coro del Teatro La Fenice
Maestro Coro: Ulisse Trabacchin
Luci: Alessandro Carletti (video: Carmen Zimmermann e Roland Horvath)