John Surman, una sofisticata piacevolezza
L’artista britannico ha proposto il recente lavoro Invisible Threads al Piacenza Jazz Fest
Prosegue, dopo i primi concerti, la sedicesima edizione del Piacenza Jazz Fest nel cui fitto programma abbiamo seguito sabato scorso la serata dedicata al sassofonista John Surman (75 anni in agosto) impegnato in un set che lo vedeva affiancato dal sinuoso pianoforte di Nelson Ayres e dai suoni variegati tra vibrafono e marimba di Rob Waring.
Un appuntamento, ospitato sul palco della sala dei concerti del Conservatorio “Nicolini”, che ha offerto l’inesausta vena creativa che l’artista britannico – protagonista, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta ad oggi, delle diverse stagioni del jazz europeo – ha racchiuso nel recente lavoro discografico titolato Invisible Threads, uscito lo scorso anno per l’etichetta ECM di Manfred Eicher.
Un disco del quale abbiamo ritrovato intatta l’atmosfera di piacevole e sofisticato mainstream anche in occasione di questo concerto, nonostante l’alternanza tra sax e clarinetto basso, che caratterizzava il clima sonoro del lavoro discografico, sia stata boicottata dallo smarrimento dello stesso clarinetto da parte della compagnia area sulla quale ha viaggiato Surman...
Un “incidente” che non gli ha comunque impedito a di coinvolgere il numeroso pubblico in un viaggio tra sapori nordici e sudamericani da un lato – questi ultimi scaturiti principalmente dalla tastiera gestita con gusto ispirato da Ayres – e dall’altro dinamici scarti timbrici tratteggiati da Waring, impegnato soprattutto al vibrafono.
Un percorso di ascolto talmente curato ed equilibrato la cui uniformità portava i dialoghi intessuti dai tre musicisti ad apparire a tratti un poco monotoni.
Un dato che non ha in ogni caso condizionato l’entusiasmo di un pubblico generoso di applausi, confermati con calore fino all’esecuzione di “Pitanga Pitomba”, brano che ha suggellato il successo della serata.
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