Jesi riparte da Betta
In scena Notte per me luminosa da Ariosto
Dopo tanti mesi di chiusura il palcoscenico del Teatro Pergolesi di Jesi ha ripreso vita con Notte per me luminosa, opera di Marco Betta su testo di Dario Oliveri ispirato all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, la cui programmazione era prevista per lo scorso novembre. Da lì si riparte, facendo di questo spettacolo l’opera inaugurale della 54esima stagione lirica che riprenderà in autunno.
Le prove dello spettacolo, per il quale è stata anche prevista una anteprima riservata alle scuole, sono state vissute con grande fermento ed entusiasmo da parte di tutte le maestranze tecniche ed artistiche del teatro per la gioia di tornare a lavorare insieme.
La serata è stata vissuta con emozione dal pubblico per la ripresa dell’attività del teatro, ma anche con commozione e dolore per le vittime del Covid che il direttore artistico della Fondazione Pergolesi Spontini Cristian Carrara ha invitato a ricordare con un minuto di silenzio, seguito da un lungo applauso.
Composto nel 2016 su commissione della Fondazione Teatro Comunale di Modena, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, Fondazione Teatri di Piacenza, Notte per me luminosa viene riproposto in una nuova produzione e con un nuovo allestimento, realizzato a Jesi dal laboratorio scenografico della Fondazione.
Il direttore Marco Attura sul podio della FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana e il regista Matteo Mazzoni hanno messo in scena uno spettacolo di grande raffinatezza, in cui le scene di Ginevra Fusari e Alice Gentili, allieve del corso di Scenografia Accademia di Belle Arti di Macerata, il light design di Ludovico Gobbi e il video design di Luca Attilii hanno restituito in un’ atmosfera onirica un libretto in cui l’azione oscilla tra realtà e immaginazione attraverso continui rimandi letterari. A cominciare dal titolo dell’opera, che Oliveri ha immaginato ambientata in una notte estiva del 1533 e che vede in scena oltre ai personaggi del poema cavalleresco un Ludovico Ariosto nei suoi ultimi istanti di vita: la fonte è un’elegia di Sesto Properzio, rievocata anche dall’Ariosto nel capitolo VIII, in cui la passione amorosa è rivissuta attraverso l’immagine di una notte che per l’amante è più luminosa del giorno: “O me felicem! O nox mihi candida!” . Numerosi sono i riferimenti letterari, dal Tristano di Wagner, all’Orfeo di Monteverdi, ma anche a Calvino, a Borges, a Erasmo da Rotterdam e a Cervantes. Insomma un libretto che germoglia da altri testi letterari, come dice Ludovico alla fine dell’opera. “…ma forse i poeti sognano sempre i versi di altri poeti, i libri che hanno letto, quelli che hanno scritto e quelli che non esistono ancora….”
Ludovico, interpretato da Michele Bandini, voce recitante, è l’unico personaggio a non esprimersi cantando, in nome del principio della verosimiglianza tanto dibattuto nel primo 600, quando nacque il teatro musicale: e infatti è l’unico personaggio reale, essendo gli altri frutto della sua fantasia: Angelica, interpretata dal soprano Margherita Hibel; Orlando, che è il basso/baritono Giacomo Medici (che ha interpretato anche un pastore, fugacemente apparso sulla scena) e Medoro/Astolfo entrambi interpretati dal contralto Aloisa Aisemberg hanno rappresentato le materializzazioni della fantasia e della creazione artistica di Ludovico, unico personaggio sempre in scena, in atto di ripensare alla propria esistenza nel suo letto di morte o di creare versi, allo scrittoio.
Le scene davvero suggestive sono riuscite a dare profondità psicologica ai personaggi, riflettendo i loro stati emotivi, dalla angoscia di Angelica in fuga, alla follia di Orlando, all’amplesso amoroso di Angelica e Medoro, al fantastico viaggio di Astolfo sulla Luna.
La musica altrettanto sognante ha privilegiato un linguaggio modale, sospeso, con begli effetti timbrici dell’orchestra, e selvaggiamente atonale per esprimere gli stati più devastanti dell’animo umano; la vocalità prevalentemente declamatoria, proiettata su registri medio gravi, si è rivelata abbastanza ardua sia per i profili melodici che per le tessiture.
Bravi gli artisti, tutti marchigiani, applauditi generosamente da un pubblico distanziato e mascherato ma molto caloroso.
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