A Jesi Menotti e Pergolesi in coppia
Al Teatro “G.B. Pergolesi” con la regia di Jacopo Fo
Dopo l’esordio di fine estate, la stagione lirica di tradizione del Teatro “G.B. Pergolesi” di Jesi entra nel fitto dei suoi appuntamenti proponendo in dittico La serva padrona di Pergolesi, nella revisione critica di Francesco Degrada, basata sul libretto originale e sulla collazione di diversi manoscritti relativi alla prima edizione napoletana del 1733 e romana al Teatro Valle di due anni successiva (1735); e The telephone or l’amour à trois, libretto e musica di Gian Carlo Menotti,opera comica in un atto presentata nell’originale versione in lingua inglese andata in scena per la prima volta all’Heckscher Theater di New York nel 1947. Entrambi i titoli sono nuovi allestimenti e nuove produzioni della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con Ente Concerti “Marialisa de Carolis” Sassari.
Due operine lontane in senso temporale ma straordinariamente vicine non solo per la comune struttura a numeri chiusi, ma anche per la prospettiva da cui viene vista la relazione di coppia e per la supremazia che in entrambe viene riconosciuta alla donna, arbitro invano contrastato di tale relazione. A cui si contrappone un terzo incomodo, che inizialmente ostacola i due ma che poi ne diventerà lo strumento di avvicinamento: il servo muto, mascherato da Capitan Tempesta in Pergolesi, finto pretendente di Serpina, grazie al quale la serva riuscirà a sposare il proprio padrone, e il telefono in Menotti, che impedisce a Ben di dichiararsi alla sua amata Lucy, sempre impegnata in estenuanti conversazioni telefoniche (che prendono la forma di arie) ma attraverso cui poi le chiederà di sposarlo, adeguandosi a questo moderno mezzo di comunicazione da lei prediletto.
La regia e le scene di Jacopo Fo, al debutto in questi ruoli nel teatro musicale, hanno amplificato la verve comica già presente nei libretti; soprattutto in The telephone irresistibile è risutato l’espediente di materializzare i vari interlocutori di Lucy facendo scivolare in scena ad ogni telefonata una cabina telefonica all’inglese con all’interno il bravissimo attore Mario Pirovano che di volta in volta mimava e prendeva le vesti delle amiche Margaret o Pamela, o di George, con cui Lucy litiga, o dell’ uomo che sbaglia numero, o che mimava il meccanismo dell’ora esatta. Meno convincenti, nella Serva padrona, perché prive di una evidente funzione drammaturgica, le maschere, i burattini e le marionette che in più momenti affiancavano i protagonisti. Nel complesso una scenografia molto vivace, che in The telephone ricordava quelle di Picasso per i Ballets Russes, e una regia frizzante, che i due bravi interpreti (Giulia Bolcato in Serpina/Lucy e Filippo Polinelli in Ben/Uberto) hanno saputo valorizzare con eccellenti capacità di recitazione. La vivacità anche sul piano vocale, unita alla perfetta intonazione, alla chiara dizione, e alla sottolineatura di alcuni elementi comici della partitura (come l’intonare in modo lamentoso il vocalizzo su “piangere” nell’aria di Uberto “Sempre in contrasti”, o in modo ammiccante quello su “voi volate” del primo duetto; o, in The telephone, le risate di Lucy, cantate su un tessuto musicale dissonante; mentre la dichiarazione d’amore, che altro non è che uno scambio di numeri telefonici, veniva eseguita con una paradossale enfasi romantica su musica tonale) hanno sostenuto e dato impulso ai tempi musicali, staccati un pochino lenti dal direttore Flavio Emilio Scogna, alla guida della FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana. Scogna avrebbe potuto accompagnare i frizzi e lazzi della regia e di Vespone in particolare (interpretato sempre da Mario Pirovano) con una interpretazione più ammiccante e divertita, cosa che si è solo intravista nella trovata dell’accordo finale glissato della Serva padrona.
In ogni caso due spettacoli divertenti, ben costruiti e molto graditi dal pubblico, e un epilogo giocoso e inaspettato con l’apparizione del regista nella scena finale accanto ai protagonisti.
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