Irlanda amore mio
Antonio Breschi e Consuelo Nerea tra musica celtica, Africa e Salento
Recensione
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Dopo aver militato nei primi Whisky Trail, band che negli anni Settanta è stata pioniera del celtic-folk in Italia, Antonio Breschi ha trovato in Irlanda la propria terra d’adozione. Lì porta avanti da tempo un percorso musicale originale in cui si incontrano i ritmi mediterranei e la classica europea, i richiami pan-africani, il minimalismo e il jazz. E poi, manco a dirlo, la tradizione irlandese. Tutti ingredienti che hanno dato corpo alla sua produzione discografica, come pure al concerto “Nomadic Piano”, un viaggio ai confini del suono sviluppato in quattro quadri: Acqua, Terra, Aria e Fuoco. Già dai primi due brani, "Limerick Rake" e "Il linguaggio dei luoghi", emerge lo stile pianistico ipnotico e percussivo del compositore, su cui ben si inseriscono i disegni ritmici e le delicate melodie della figlia Consuelo Nerea, che si alterna al canto, al violino e al bodhran. Ma dopo alcuni brani più spensierati, tra i quali svetta i divertente "Irish boogie", è l’intervento di Gabin Dabirè a smorzare una monotonia rischiata a metà concerto. Il musicista e cantante originario del Burkina Faso riesce infatti a piegare le composizioni in odore di Irlanda di Breschi alle proprie improvvisazioni vocali, stupendo letteralmente con un assolo gutturale arricchito dall’uso sopraffino degli armonici. Il pubblico avverte il valore aggiunto dell’ingresso del musicista africano e viene travolto dal suo irresistibile appeal musicale. Nel finale c’è il tempo per un tuffo in Salento con la splendida "Lu rusciu de lu mare" e lo spazio per alcuni bis che fanno toccare le due ore e mezzo di concerto.
Interpreti: Antonio Breschi: pianoforte, voce Consuelo Nerea: voce, bodhran, violino Gabin Dabirè: voce
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