International Body Music Festival 2 | Open Mic
Incontri, improvvisazioni e dialoghi a Istanbul
Recensione
oltre
Sono le due del mattino quando all’Urban Lounge di Istanbul si spegne, a malincuore, l’Open Mic della seconda giornata dell’International Body Music Festival. Lo spazio aperto della seconda serata illumina come un prisma nuovi esperimenti e collaborazioni fra gli artisti più affermati, così come la capacità di improvvisare e accogliere nuovi musicisti. Nulla è stato pianificato, eccetto l’entusiasmo di Ezo Sunal a far da anfitriona e da cerniera fra i vari interventi. Chi poteva rompere il ghiaccio? L’esperienza di performer di strada di Lior Shoov, israeliana di casa fra le ramblas di Barcellona e le piazze francesi: «Faccio cantare il mio cuore, I miei pensieri, sia che rimandino alla noia, sia che esprimano la sorpresa dell’incontrare una persona sconosciuta, di condividere la vita: agisco sullo spazio e lo spazio agisce su di me, mi canta: quel che propongo si basa interamente sull’improvvisazione e sul momento che sto vivendo».
Impossibile da conto delle decine di artisti che si sono avvicendati sul palco. I momenti più emozionanti li hanno regalati gli incontri inediti, a volte nati lì per lì. Come nel caso dell’ecuadoregno Fidel Minda che viene raggiunto sul palco dal cubano Raul Cabrera per uno straordinario guaguanco in cui lo spettro sonoro delle percussioni cubane è riprodotto a partire dal percuotere viso, bocca e petto; o di uno degli ultimi set che ha riunito, per la prima volta, sul palco Keith Terry, Fernando Barba, Jep Melendez e Bryan Dyer, un esercizio di ascolto attivo che permette di evitare di stabilire un registro stilistico dominante a favore di dialoghi sonori e soluzioni ritmiche inedite. Registri stilistici, per altro, ormai consolidati, come ha dimostrato Gökçe Gürçay, che ha suscitato l’ilarità generale “citando” col proprio corpo sul palco tutti i musicisti che si erano esibiti la prima serata.
Molti di loro sono stati impegnati nel corso della giornata in seminari e incontri in diverse scuole della città e in laboratori aperti al pubblico. Un’occasione per entrare nel mondo dispari dei Kantu Korpu, o nella tecnica e nei balli buckdancing di Evie Ladin, o per sperimentare con Fernando Barba le sperimentazioni collettive che sono il marchio di fabbrica del Nucleo Barbatuques. La ricerca sui suoni del corpo di Barba risale al 1995 e con i Barbatuques ha già prodotto spettacoli e due notevoli dischi. Se il primo mostrava come tradurre in suoni del corpo i ritmi e le tradizioni musicali brasiliani, il più recente mostra un marcato interesse per l’interazione fra body percussion e vocalità. È questa anche la cifra prevalente dei laboratori condotti da Barba: magistrale dimostrazione di come lavorare in cerchio partendo dall’espressione musicale di ciascun partecipante, inserendo gradualmente ritmi e colpi senza perdere di vista le opportunità di identificare idee e nuove composizioni e dialoghi musicali.
Impossibile da conto delle decine di artisti che si sono avvicendati sul palco. I momenti più emozionanti li hanno regalati gli incontri inediti, a volte nati lì per lì. Come nel caso dell’ecuadoregno Fidel Minda che viene raggiunto sul palco dal cubano Raul Cabrera per uno straordinario guaguanco in cui lo spettro sonoro delle percussioni cubane è riprodotto a partire dal percuotere viso, bocca e petto; o di uno degli ultimi set che ha riunito, per la prima volta, sul palco Keith Terry, Fernando Barba, Jep Melendez e Bryan Dyer, un esercizio di ascolto attivo che permette di evitare di stabilire un registro stilistico dominante a favore di dialoghi sonori e soluzioni ritmiche inedite. Registri stilistici, per altro, ormai consolidati, come ha dimostrato Gökçe Gürçay, che ha suscitato l’ilarità generale “citando” col proprio corpo sul palco tutti i musicisti che si erano esibiti la prima serata.
Molti di loro sono stati impegnati nel corso della giornata in seminari e incontri in diverse scuole della città e in laboratori aperti al pubblico. Un’occasione per entrare nel mondo dispari dei Kantu Korpu, o nella tecnica e nei balli buckdancing di Evie Ladin, o per sperimentare con Fernando Barba le sperimentazioni collettive che sono il marchio di fabbrica del Nucleo Barbatuques. La ricerca sui suoni del corpo di Barba risale al 1995 e con i Barbatuques ha già prodotto spettacoli e due notevoli dischi. Se il primo mostrava come tradurre in suoni del corpo i ritmi e le tradizioni musicali brasiliani, il più recente mostra un marcato interesse per l’interazione fra body percussion e vocalità. È questa anche la cifra prevalente dei laboratori condotti da Barba: magistrale dimostrazione di come lavorare in cerchio partendo dall’espressione musicale di ciascun partecipante, inserendo gradualmente ritmi e colpi senza perdere di vista le opportunità di identificare idee e nuove composizioni e dialoghi musicali.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
oltre
Al Reggio Parma Festival Derby Elettrico ha messo in scena il confronto tra i tre gruppi di Silvia Bolognesi, Francesco Giomi e Walter Prati
oltre
Le buone intenzioni della direzione artistica e l'impressione di un dialogo con gli altri mondi musicali rimasto incompleto
oltre
A Pesaro la prima nazionale della performance multimediale Kagami, di Ryuchi Sakamoto