Il suono di Ariadne

L’opera di Strauss ha inaugurato il Festival dei Due Mondi, con la direzione e la regia di Ivan Fischer

Ariadne auf Naxos (Foto ©Festival dei Due Mondi | Andrea Veroni)
Ariadne auf Naxos (Foto ©Festival dei Due Mondi | Andrea Veroni)
Recensione
classica
Spoleto, Teatro Nuovo
Ariadne auf Naxos
28 Giugno 2024 - 30 Giugno 2024

Quella che ha inaugurato la sessantasettesima edizione del Festival dei Due Mondi è stata un’edizione di Ariadne auf Naxos  speciale in tutti i sensi. Speciale perché era assolutamente straordinaria la realizzazione musicale da parte sia dei cantanti sia del direttore Iván Fischer e della sua Budapest Festival Orchestra. Speciale perché era piuttosto particolare la messa in scena, di cui si è assunto la responsabilità lo stesso Fischer. Speciale perché era molto singolare, la versione scelta da Fischer. Infatti ha iniziato con le musiche di scena composte da Richard Strauss per il Borghese gentiluomo  di Molière, una comédie-ballet che prevedeva intermezzi musicali e un grand ballet finale, composti all’epoca da Lully: Strauss sostituì gli intermezzi con nuovi inserti musicali e il balletto con un’opera in un atto sul mito di Bacco e Arianna. Rappresentato nel 1912, questo misto di prosa e opera non ebbe successo e nel 1916 Strauss rimaneggiò l’atto operistico e gli premise un altro atto - o più esattamente un prologo - composto ex novo, ottenendo così l’opera Ariadne auf Naxos,  che ‘faceva serata’ da sola.

Fischer ha rimescolato le carte, iniziando con la suite orchestrale che Strauss ricavò dalle sue musiche di scena del 1912 e proseguendo con la sola seconda parte dell’opera del 1916, simile all’atto operistico del 1912 ma con modifiche di non poco conto. Questo ingarbugliato pasticcio andava doverosamente raccontato. A ragione i filologi si saranno scandalizzati che Fischer abbia deciso di testa sua una soluzione così speciale. Altrettanto a ragione il pubblico si è goduto l’esito assolutamente speciale di quest’arbitrio. E si sa che il pubblico ha sempre ragione.

La serata è iniziata dunque con la suite per piccola orchestra (trentasette musicisti) che Strauss ricavò dalle musiche di scena composte nel 1912 per il Borghese gentiluomo: la loro squisita fattura e la loro frizzante eleganza sono state paragonate alle tele settecentesche di Fragonard e Boucher, ma anche in questa musica in stile antico, infarcita di citazioni da Lully, sono sempre riconoscibili i tratti più tipici del musicista bavarese. Oggi queste musiche di scena vengono generalmente eseguite - le rare volte che vengono eseguite - in forma di concerto, ma Fischer ha deciso di restituirgli la dimensione teatrale che avevano all’origine, facendo apparire sul palcoscenico, insieme a due attori-mimi-acrobati, anche i cinque interpreti dei personaggi comici dell’opera, che qui erano ovviamente muti ma si producevano anch’essi con una spigliatezza da attori consumati in una serie di pantomime e scenette comiche sul genere della commedia dell’arte, coinvolgendo nei loro scherzi giocosi anche il direttore e i musicisti dell’orchestra. Alcuni – pochi in verità – hanno arricciato il naso. Ma i più sono stati deliziati e rallegrati da queste buffonerie caricate ma nient’affatto volgari (erano libere ricreazioni della commedia dell’arte in chiave moderna, attribuibili alla co-regista e coreografa Chiara D’Anna, esperta della commedia dell’arte) e dalla eleganza e vivacità con cui le hanno accompagnate il direttore e l’orchestra ungheresi (speciali anche, nel senso di eccezionali, gli a solo del violino e dell’oboe).

Ma il meglio veniva dopo l’intervallo, con l’atto dell’Ariadne auf Naxos  del 1916. Le scene di Andrea Tocchio erano semplicissime: alcune rocce di cartapesta rappresentavano l’isola di Nasso, dietro a cui onde ricciolute, come quelle delle scenografie barocche, rappresentavano il mare. I costumi di Anna Biagiotti per Zerbinetta e le quattro maschere (Arlecchino, Scaramuccio, Truffaldino e Brighella) erano bizzarri e avevano colori chiassosi, mentre erano semplici e avevano colori tenui quelli per i personaggi mitologici (nell’abbigliamento di Bacco si ravvisava anche un tocco d’ironia). Le differenze tra questi due mondi diversissimi, che sia nel libretto di Hugo von Hofmansthal sia nella musica di Strauss sono contigui ma non si fondono, erano evidenziate pure dalla recitazione, irrefrenabile e plebea per i personaggi da opera comica, compassata e aristocratica per quelli mitologici tipici dell’opera seria barocca. La messa in scena avrebbe potuto essere più grandiosa quanto a scenografie, più ricca quanto alle stoffe, più melodrammatica quanto a recitazione? Sì, poteva. Ma per fortuna non lo è stata.

Dall’orchestra - che godeva di un’acustica speciale perché era collocata sul palcoscenico - Fischer ha ottenuto un suono speciale, meraviglioso, facendo risplendere tutta la raffinatezza della scrittura cameristica, nitida, trasparente e minuziosamente cesellata di Ariadne auf Naxos.  Venivano in risalto sia le eleganti volute rococò sia le dissonanze novecentesche sparse tra le voci intermedie. Fischer ha intessuto un dialogo strettissimo con le voci, le ha sostenute e indirizzate nella giusta direzione. In questo dialogo erano coinvolte soprattutto le quattro maschere, interpretate da Gurgen Baveyan, Stuart Patterson, Daniel Noyola e Juan de Dios Mateos, cantanti precisi ed attori scatenati. E anche Zerbinetta, la cui difficilissima parte è un concentrato di acuti e colorature. Illustri soprani cantano la sua grande aria e rondò come un pezzo da concerto in cui far sfoggio del proprio astratto virtuosismo, mentre Anna Lena Elbert non si è limitata a cantare le tante e complicatissime note ma ha anche e soprattutto dato al suo personaggio la vivacità, la disinvoltura, la civetteria e la malizia proprie della protagonista d’una farsa, qual essa è. I suoi acuti non erano così sfavillanti ed esibiti come quelli di altre interpreti ma è stata una Zerbinetta irresistibile.

Passando ai personaggi mitologici, era di perfezione assoluta il terzetto formato da Samantha Gaul, Olivia Vermeulen e Mirella Hagen (rispettivamente Naiade, Driade ed Eco), le cui voci immacolate si fondevano meravigliosamente tra loro. Last but not least i due protagonisti. Arianna era Emily Magee, specialista del ruolo, da lei interpretato anche al festival di Salisburgo: le ha prestato la sua voce dorata e aristocratica, non incrinata nemmeno nei momenti di disperazione. Andrew Staples ha affrontato la pesante parte di Bacco con solidità e sicurezza.

Il pubblico che affollava il Teatro Nuovo (ci riferiamo alla seconda recita) ha applaudito con entusiasmo tutti gli interpreti, con punte al calor bianco per la Elbert.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Con Magdalena Kožená e la Chamber Orchestra of Europe in musiche di Dvořák,

Mahler, Bartók e Schubert

classica

The Fairy Queen di Purcell con Les Arts Florissants approda alla Scala

classica

Ravenna Festival ricorda con una serata di Lieder il poeta inglese a due secoli dalla scomparsa