Il romantico Lelio

Nell'entroterra di Rimini, per le Notti Malatestiane, la Sinfonia fantastica "va in scena" in piazza col corollario del Ritorno alla vita op.14b

Recensione
classica
Notti Malatestiane Mondaino
Berlioz
07 Luglio 2005
Il genere del melologo, e con esso qualsiasi declinazione del rapporto parola-musica-azione, è da anni il fulcro delle Notti Malatestiane, festival itinerante tra luoghi splendidi dell'entroterra di Rimini, raffinato ma con partecipazioni di pubblico tutt'altro che esigue, com'è accaduto nella suggestiva piazza di Mondaino per il progetto forse più impegnativo nella storia del festival: "Lelio", ovvero la proposta accoppiata dei numeri d'opus 14 e 14b di Berlioz, cioè la Sinfonia fantastica e Il ritorno alla vita. E' un ritorno alle origini, ovvero all'idea berlioziana originaria di far seguire alla Fantastica il "monodramma" per un attore, due voci cantanti (una delle quali è la "voce immaginaria" di Lelio), coro e orchestra: sei "piccoli" monologhi che un po' svelano i retroscena interiori del protagonista oppiomane della Sinfonia, il quale si risveglia terrorizzato dalla morte e vede di fronte a sé la redenzione in un avvenire d'artista. I più romantici di tutti sono i generosissimi promotori delle Notti Malatestiane, che questa macchina immane l'hanno messa assieme, encomiabilmente, con mezzi di straordinaria volontà e altrettanto straordinaria economia. Secondo prescrizione autorale, la scena è fornita da un velario di venti e più metri che taglia la piazza nascondendo orchestra e coro fino all'epilogo: effetto bello, utile anche a supportare le proiezioni eclettiche; la migliore quella del ballo - preparate da Marchetti e Pazzaglia. Piacevoli i costumi di Paola Giorgi. Daniele Martino ha tradotto e ha tessuto una drammaturgia ricca e multiproteine che puntava efficacemente a chiamare fuori la densità drammatica berlioziana. Il "programma" della Fantastica - e poi il Lelio - veniva così dipanato nella voce di Luca Lionello, acclamato Giuda della Passion di Mel Gibson ma qui portato perlopiù, dalla regia farraginosa di Andrea Mazza, a un'enfasi paracarmelobene che sempre rimaneva distante da una condivisibile espressione del dramma interiore. Manlio Benzi ha diretto cercando di tenere assieme, in questa perigliosa Parigi-Dakar musicale, file d'orchestra; fiati meglio degli archi - provenienti da varie istituzioni romagnole e il coro "Amintore Galli" di Rimini.

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