Il paradiso orientale di Schumann
Roma: il viaggio della Peri secondo Gatti
Recensione
classica
Il caso ha voluto che a Roma fosse possibile ascoltare a un giorno di distanza due bellissimi concerti dedicati alla musica vocale di Schumann, un mondo di straordinaria pregnanza poetica e musicale, che le istituzioni musicali italiane tendono a trascurare. All'Accademia Filarmonica una serata liederistica con Angelika Kirchschlager, all'Accademia di Santa Cecilia l'oratorio profano "Il Paradiso e la Peri". Il soggetto orientaleggiante - la Peri, cacciata dal paradiso, potrà esservi riammessa solo se tornerà portando "il dono più amato dal cielo" - potrebbe sembrare una scelta eccentrica, ma nella musica e ancor più nella poesia del tempo non mancano gli esempi di questo gusto per l'esotismo, in cui l'oriente non ha nulla di reale ma è un luogo appartato dell'anima romantica, che nella prosaica realtà quotidiana si sente soffocare, mentre respira e si espande nell'aura rarefatta dell'oriente e in quella sua luce irreale, preziosa come quella rifratta da una gemma. Quel che più colpisce nella musica con cui Schumann narra la vicenda della Peri è proprio questa luminosità soffusa e indiretta, che immerge le cose e le anime in una tinta delicata, le smaterializza, le fa vibrare di sottili fremiti: questa luce è l'orchestra, che ignora il virtuosismo e i colori sgargianti di Berlioz e potrebbe perfino apparire uniforme ad un ascolto superficiale, ma invece, pur all'interno di un colore di fondo volutamente costante, ottiene gradazioni e screziature raffinate e delicatissime. Discreta ma onnipresente quest'orchestra sorregge le voci, che, assolutamente aliene da ogni contaminazione operistica, sono trattate con la mano e il cuore del liederista, che sa valorizzare non solo ogni sfumatura del testo ma anche quello che è sotto il testo. In oltre un'ora e mezza Schumann rinuncia soltanto per pochi minuti a questo tono unitario, per inserire gli accenti più marcati di un coro di guerrieri o la sensualità appena accennata di una danza delle Uri o la gioia celestiale ed entusiasta del finale, memore del Beethoven del Fidelio e della Nona. A Roma questo capolavoro nascosto viene riproposto a distanza di parecchi anni ma con cadenza regolare e sempre con la massima cura, perché altrimenti la sua luce delicata può tramutarsi in uno spento grigiore. Le ultime volte erano sul podio Giulini, Sawallisch e Sinopoli, ora Daniele Gatti, che ne ha data una lettura prodigiosamente calibrata in ogni dettaglio, evidenziandone delicatamente le rifrazioni di luce e le vibrazioni espressive, talmente minime che potrebbero facilmente sfuggire ma che sono invece profonde ed essenziali. Ha potuto contare su un coro e un'orchestra splendidi e su un buon gruppo di cantanti: Angel Blue (la Peri), Jennifer Johnston (L'Angelo), Brenden Gullen (il tenore solista, che ha la stessa funzione dell'Historicus o Testo negli oratori barocchi) e Georg Zeppenfeld, che più dei suoi colleghi anglosassoni aveva nel suo DNA il il canto liederistico di Schumann.
Interpreti: Angel Blue, Regula Mühelmann, Jennifer Johnston, Martina Mikelic, Brenden Gullen, pPtrick Grahl, Georg Zeppenfled, Maria Chiara Chizzoni, Patrizia Roberti, Francesca Calò, Tiziana Pizzi
Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: Daniele Gatti
Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Maestro Coro: Ciro Visco
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