Settimana-Bostridge al Bologna Festival: una vera leccornia per gli appassionati del cantante inglese. Un artista unico nel suo genere, che ha riportato i Lieder schubertiani all’originaria corda di tenore (dopo un secolo di appannaggio preferenziale dei soprani e dei baritoni), caricandoli di un’inedita iperespressività, soggiogante per alcuni, esageratamente estroversa per altri.
Con Ian Bostridge il Lied è teatro, la sofferta personificazione del viandante che attraversa le venti liriche della “Bella mugnaia” di Wilhelm Müller intonate da Franz Schubert: in continuo movimento attorno a quel pianoforte che l’accompagna, cui s’aggrappa o s’appoggia, il cantante-attore grida, piange e sorride, protende elegantemente verso l’alto il suo corpo lungo ed esile come una spiga, ripiegandosi poi su sé stesso sgraziatamente, sopraffatto dal dolore. Anche il suo volto è una maschera, che strabuzza gli occhi e digrigna i denti, caricandosi di visibile fatica esistenziale col procedere dei brani.
La voce ne subisce le conseguenze: Bostridge non cerca il bel suono ma la diffrazione timbrica, con modalità d’emissione continuamente cangianti, strofa dopo strofa, in uno spettro che muove dal falsetto sbiancato agli affondi baritonali, dall’urlo espressionista al sussurro stimbrato, ben oltre l’ortodossia del Belcanto. È possibile che tutto ciò vada oltre la proprietà stilistica acclarata, spingendo i cammei schubertiani verso altri lidi. Nondimeno l’effetto comunicativo è immediato, capace fin di scavalcare la parola che pur dà suono e senso alla frase musicale, generando una partitura sonora oltre la parola, oltre la musica che – complice anche il gesto sempre marcato – consente un ascolto pieno e appagante pure a chi non sia in grado di comprendere quei versi tedeschi tanto scavati dal suo modo di porgere, tanto sbalzati in quei fonemi portati sempre in primo piano, quasi fuori dalla parola stessa.
Il tutto viene amplificato dalla location: non una sala teatrale, ma la biblioteca del Convento di San Domenico, con il pubblico che, circondato da migliaia di libri, si assiepa fino a due metri dall’artista. A tal punto che il cantante-attore ti parla, ti guarda negli occhi, mentre il pianoforte insostituibile di Julius Drake quasi si annulla in quei suoni che non sono più dello strumento ma divengono parte integrante essi stessi della perfomance canora.
Note: PROGRAMMA: Franz Schubert, "Die schöne Müllerin, op. 25.
A seguire: “Winterreise” (18 novembre) e un concerto antologico con l’apporto del cornista Alessio Allegrini (20 novembre); al Museo della Musica la conversazione attorno al recente libro di Bostridge "Il viaggio d'inverno di Schubert: anatomia di un'ossessione" (17 novembre).
Interpreti: Ian Bostridge, tenore; Julius Drake, pianoforte.