Il Kante del cigno
Il recente live di Mory Kante aggiunge ben poco alla sua luminosa carriera
Recensione
world
La rassegna world torinese Gong chiude con lo spettacolo di Mory Kante. Il musicista guineano, fratello minore di altri 37 (!), dopo i promettenti esordi con la Super Rail Band di Bamako - insieme a Salif Keita - ha virato verso il pop trovando immensa fortuna commerciale con l'album "Akwaba beach", grazie all'imperitura "Ye ke ye ke" disco di musica africana più venduto di tutti i tempi. "Akwaba" usciva proprio vent'anni fa, e in onore di quell'album Kante torna in tour con una decina di musicisti; il risultato però... In un'ora e tre quarti di concerto, il variopinto e disomogeneo ensemble (dal flauto al balafon) snocciola una dozzina di pezzi dilatati oltre ogni limite, piatti nell’esecuzione ritmica e dinamica, le poche idee barcollano lavorate ai fianchi dall’esasperata ripetizione più dance che trance. Dallo djembé di un ignoto percussionista - Kante non ha presentato i propri musicisti… - suonato con vigore e con gusto, viene il meglio della serata; in compenso il leader impiega un interminabile tempo ad accordare i propri strumenti (tra l’altro alla chitarra ci sa davvero fare, forse più che alla kora) e canta a tratti. Ma Kante al pubblico europeo e africano piace ancora, si danza, ci si ricarica. E la finale "Ye ke ye ke", prima di un eterno bis da animatori villaggio vacanze ("au revoir, goodbye, ciao ciao"...), dura un quarto d'ora di orologio.
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