La Dama di Picche avrebbe tutto (magnifico libretto, grande musica) per essere un'opera popolare e infatti in Russia lo è, ma in Italia molto meno, tanto che all'Opera era stata rappresentata una sola volta, sessant'anni fa. Non ha dunque sorpreso che il teatro non fosse pieno. Ma chi c'era ha saputo apprezzarla: molti applausi, talvolta inopportuni, durante lo spettacolo e moltissimi alla fine, per tutti ma soprattutto per James Conlon. L'orchestra è stata protagonista - come richiede lo spessore sinfonico della partitura - con tinte talvolta di profumata delicatezza, ma più spesso aspre e violente, che sembravano guardare già all'imminente Novecento. Il direttore ha ottenuto così una grande tensione drammatica, senza un attimo di cedimento, ma al contempo ha attenuato quel senso tragico del fato da cui gli uomini sono dominati, quel sentimentalismo tardoromantico, quelle passioni estreme e disperate, che sono l'anima profonda della musica di Ciajkovskij. Maksim Aksenov ha retto senza incrinature la sua faticosissima parte, tratteggiando un Hermann violento e disperato. Tomas Tomasson è stato un Tomskij di grande presenza vocale e ancor più scenica. Ottimo tutto il folto reparto maschile. Anche alle signore non si può rimproverare nulla, tranne forse una certa apatia della Liza di Oksana Dika, probabilmente su indicazione della regia stessa, che l'ha anche infagottata in vesti molto dimesse. Elena Zaremba non era una Contessa impressionante come altre. Cancellato l'annunciato allestimento di Peter Stein, si è ripresa una regia di Richard Jones già vista nel 2002 a Bologna. Eliminate tutte le seduzioni zariste - l'eleganza delle divise militari e degli abiti femminili, lo sfarzo degli interni, gli scorci del panorama pietroburghese - la vicenda è stata ridotta alla sua vera essenza: un scontro tra disperati, che vivono tra sogni, ricordi e allucinazioni, in un mondo senza luce, moralmente degradato, prossimo alla sua fine violenta. Uno spettacolo potente, che dimostra come si può dare una nuova interpretazione di un'opera senza stravolgerla e senza farle dire a forza quello che non c'è.
Interpreti: Maksim Aksenov (Hermann), Tomas Tomasson (Tomaskij), Vitalij Bilyy (Eleckij), Vadim Zaplechny (Cekalinskij), Nikhail Korobeinikov (Surin), Vladimir Reutov (Caplockij), Gabrielel Ribis (Narumov), Elena Zaremba (Contessa), Oksana Dyka (Liza), Elena Maximova (Polina), Anna Viktorova (governante), Magdalena Krysztoforska (Mascia), Yuliya Poleschchuk (Prilepa)
Regia: Richard Jones, ripresa da Benjamin Davis
Scene: John Macfarlaine
Costumi: John Macfarlaine
Coreografo: Paul Chantry
Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma
Direttore: James Conlon
Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Maestro Coro: Roberto Gabbiani
Luci: Mario De Amicis