Il filo ritrovato a Martina Franca

Successo a Martina Franca per il "doppio" Strauss diretto da Spotti e Luisi

Arianna a Nasso (Foto Clarissa Lapolla)
Arianna a Nasso (Foto Clarissa Lapolla)
Recensione
classica
Palazzo Ducale, Martina Franca
Festival della Valle d'Itria
31 Luglio 2020 - 02 Agosto 2020

Abbiamo tutti bisogno di trovare un filo che ci conduca fuori da questo labirinto nel quale siamo finiti: abbiamo bisogno di tornare a sentire musica dal vivo, anche senza un vicino di sedia, abbiamo bisogno di tornare ad applaudire musicisti e cantanti che sono stati fermi per troppo tempo. La quarantaseiesima edizione del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, reinventata dal direttore artistico Alberto Triola dopo il lockdown, si intitola significativamente “Per ritrovare il filo” e ruota intorno al mito di Arianna. Il filo, splendido, lo abbiamo subito ritrovato dopo l’indimenticabile concerto di Anna Caterina Antonacci, e poi ci siamo lanciati nel mondo di Richard Strauss e nei suoi divertissements insieme ad Hofmannsthal. Le musiche di scena per il Borghese gentiluomo (versione 1917) e i goffi tentativi di Monsieur Jourdain di acculturarsi (irresistibile la scena turca e il divertentissimo gioco di leggii) “vanno in scena” con tre monologhi scritti appositamente da Stefano Massini e recitati il 1° agosto da Davide Gasparro che ne ha anche curato la mise en espace. Si passa da una sorta di storia degli arricchiti da Trimalcione a Paperone alle riflessioni sul ruolo o il non ruolo dell’artista oggi, a chi importa se un ballerino o un cantante non lavora? A chi importa se i teatri sono chiusi? A chi importava se una poetessa come Marina Cvetaeva si suicidava perché non aveva da mangiare? E tra una risata (“Oggi Monsieur Jourdain non comprerebbe un’opera d’arte, ma una squadra di calcio”) e una riflessione il pubblico capisce quanto sia importante essere lì a seguire uno spettacolo dal vivo. Ottima la prova del cast vocale (Vittorio Prato, Ana Victoria Pitts, Barbara Massaro) e dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari abilmente guidata da Michele Spotti, con un plauso particolare al primo violoncello Giuseppe Carabellese. La sera dopo ecco Arianna a Nasso (in italiano come il Borghese, nella traduzione di Quirino Principe e Valeria Zaurino) nella versione 1912, con una regia un po’ dispersiva di Walter Pagliaro e con lo “straussiano” Fabio Luisi sul podio dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari: nessun aspetto della partitura è trascurato, dal dolore di Arianna all’ironia delle maschere, quanto rimpianto c’è nella voce di Arianna che intona una frase che tutti gli amanti, almeno una volta, hanno pensato: “C’era una cosa bella e si chiamava Teseo e Arianna”. Carmela Remigio è un’Arianna dai mille volti, che passa dalla disperazione alla speranza e che scolpisce col fuoco ogni parola, Piero Pretti è perfettamente a suo agio in un ruolo terribile come quello di Bacco al quale, nella versione in italiano, conferisce un aspetto ancora più romantico e Jessica Pratt è una strepitosa Zerbinetta (affronta la lunghissima aria “Potente principessa” con nonchalance e passeggiando per il palco!). Applausi per tutti con la piacevolissima sensazione di aver ritrovato il filo della musica dal vivo.

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