Il fascino delle sonorità d'epoca giova a Beethoven
La stagione della IUC parte ottimamente con l'Orchestre des Champs-Elysées.
Recensione
classica
Ha sempre un suo fascino poter riascoltare due tra le più conosciute sinfonie di Beethoven, come la Quinta e la Settima, essendo queste due pagine emblematiche non solo dello stile classico ma anche della stessa idea di musica classica, ancora in questo inizio del XXI secolo. Quella poi offerta dal concerto di inaugurazione della stagione musicale 2011/2012 dell'Istituzione Universitaria dei Concerti è stata un'occasione doppiamente ghiotta, vista la presenza dell'Orchestre des Champs-Elysées che, come è suo solito, utilizzava strumenti d'epoca. Sonorità originali dunque del periodo cui appartiene il musicista di Bonn, ma soprattutto una notevole nitidezza dei dettagli, senza nulla perdere in potenza di suono, grazie anche all'attenta direzione di Philipp Herrewege, ormai un'autorità nel settore delle esecuzioni 'storiche'. In particolare evidenza la nutrita sezione degli archi, forse a scapito dei fiati in qualche occasione, in una compagine orchestrale dove spiccavano non pochi nomi italiani fra gli esecutori. Dopo una Settima di forte impatto emotivo ma talvolta carente di sfumature nelle parti più espressive, come nell'Allegretto, Herrewege si è mostrato più a suo agio nella Quinta, proposta nella seconda parte del concerto: una ferrea concertazione , l'equilibrio tra archi e fiati decisamente migliore, grazie anche alla più compatta scrittura beethoveniana, una scelta dei tempi mirata a una concezione meno solenne senza nulla togliere all'aura drammatica del primo tempo. Prolungati gli applausi da parte del pubblico romano, cui Herrewege ha risposto con un bis in tema: l'Allegretto scherzando dalla Sinfonia n. 8.
Orchestra: Orchestre des Champs-Elysées.
Direttore: Philippe Herrewege
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