Il clavicembalo di Olivier Baumont
Il concerto nell’ambito del Festival organizzato a Roma dall’Associazione “L’Architasto”
Che il clavicembalo sia stato uno strumento a tastiera destinatario, nel corso dei secoli, di un repertorio solistico di mole non inferiore a quello che successivamente è stato dedicato al pianoforte, è cosa che oggi potrebbe stupire, visto il ruolo di strumento che realizza il basso continuo – peraltro sempre un ruolo di fondamentale importanza – in cui ormai il pubblico ha nella stragrande maggioranza dei casi occasione di ascoltarlo.
Eppure, tre secoli di repertorio (dal XVI al XVIII secolo), pagine e pagine di musica scritte da compositori come Frescobaldi, Pasquini, Bach, Couperin, Rameau, Scarlatti, continuano a testimoniare una centralità poi ereditata dal pianoforte, considerato quest’ultimo in tutte le fasi che lo hanno portato dall’aspetto settecentesco – piuttosto simile a quello del clavicembalo, col quale dunque condivideva il repertorio – alle poderose forme di un moderno Steinway.
A Roma, proprio per offrire l’occasione di ascoltare nuovamente lo strumento a corde pizzicate in veste di solista – in una sede appropriata per dimensioni come la Sala dell’Immacolata, presso la Basilica dei Ss. Apostoli – da oltre un decennio l’Associazione L'Architasto organizza meritoriamente uno specifico Festival. Nel programma di questa edizione, che si è inaugurata lo scorso 7 ottobre e che proseguirà fino al prossimo 16 dicembre, il concerto che ha visto protagonista Olivier Baumont ha avuto una significativa rilevanza, sia per via del repertorio presentato, tutto dedicato a quella scuola francese che ha massimamente valorizzato il clavicembalo, sia a motivo della statura artistica dell’interprete, presente nei maggiori festival internazionali e attuale professore della classe di clavicembalo presso il Conservatorio Superiori di Musica e Danza di Parigi.
Aprendo il concerto con alcuni brani di Louis Couperin, uno dei più interessanti autori del ‘600 d’oltralpe, Baumont ha saputo subito mettere in evidenza sia la grande lezione sull’arte del preludiare, testimoniata dai celebri Preludes non mesurées, sia le diverse declinazioni espressive che emergevano nelle varie danze, soprattutto nella suggestiva Chaconne. Con François Couperin e Jean-Philippe Rameau, i due più illustri rappresentanti dell’arte clavicembalistica francese nel secolo successivo, Baumont ha poi avuto per le mani dei veri e propri gioielli musicali, che ha saputo presentare con grande padronanza strumentale: dalla graziosa melodia di Sœr Monique all’irresistibile meccanismo ritmico de Le Tic-Toc-Choc ou Les Maillotins, per quanto riguarda Couperin, fino ad arrivare all’incisività ritmica che Rameau offre nell’Ouverture da Les Indes Galantes e a quell’idealizzato mondo d’oltre oceano descritto in Les Sauvages. Nei quattro pezzi di Claude Balbastre eseguiti a conclusione del programma, l’interprete francese ha infine mostrato una particolare capacità a confrontarsi col virtuosismo tastieristico di questa musica. Balbastre, ormai appartenente alla seconda metà del XVIII secolo, infatti scrive brani nei quale la ricchezza dell’ornamentazione viene affiancata da un suggestivo gioco acrobatico nelle quali le mani sono spesso portate a incrociarsi. Applausi sinceri da parte del pubblico presente, ripagato da due brevi ma significativi bis, un brano di Michel Corrette e il preludio che apre il I libro del Clavicembalo ben temperato di Bach.
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