Il cavaliere e il tempo che passa
Riuscito allestimento dell’opera di Richard Strauss firmato da Barrie Kosky per l’Opera di Stato Bavarese
“Il tempo è una cosa strana. Quando ci si lascia vivere, il tempo non è niente. Ma poi a un tratto non si sente altro che lui.” Sono frutto di un attimo di nostalgia o forse di un presentimento le parole della Marescialla sul tempo che passa. Ed è proprio sul tempo scandito da una grande pendola con le lancette che ruotano all’incontrario come se l’amplesso focoso della matura aristocratica e del suo giovane amante, evocato nel breve preludio orchestrale, scompaginasse il flusso naturale delle cose. E poi le lancette si fermano quando dalla cassa della pendola escono i due amanti, che si abbandonano ai loro giochi amorosi come in un tempo sospeso. Assiste un Cupido anziano: anche per lui il tempo è passato. Una sveglia trilla e una smaliziatissima Sophie scatta determinata a prendersi il cugino Octavian, il suo avvenente Cavaliere della rosa, a spese del volgare Ochs e della Marescialla. “Oggi o domani o dopodomani: non l’avevo già detto a me stessa?”: il presentimento si compie. I due giovani innamorati volano (letteralmente) in cielo. Assiste il vecchio Cupido seduto in cima alla pendola, dalla quale stacca la lancetta: un ciclo si è compiuto. Il tempo ricomincia.
“Opera della giovinezza e dell’età adulta, del tramonto e dell’aurora, è una commedia umana ritratta con assoluta imparzialità, con un misto impalpabile di ironia e di serietà”: per Sergio Sablich il Rosenkavalier era questo. Questo sembra anche essere il nuovo Rosenkavalier che Barrie Kosky ha allestito al Nationaltheater di Monaco di Baviera per la stagione dell’Opera di Stato Bavarese, mandando in soffitta il classico ma ormai museificato allestimento in stile rococò di Otto Schenk tenuto a battesimo nel 1972 da Carlos Kleiber e da un trio di interpreti da favola come Gwyneth Jones, Brigitte Fassbaender e Lucia Popp. Il tempo dirà se questo nuovo allestimento riuscirà a cancellare il ricordo del suo longevo predecessore. Certamente va riconosciuto a Barrie Kosky di aver affrontato un compito non facile con grande abilità, reinterpretando la “mise en abyme” del teatro settecentesco di Strauss e Hofmannstahl attraverso un sottile gioco di rimandi teatrali e non limitato al teatro nel teatro smaccatamente esibito del terzo atto con momenti decisamente kitsch salvati da una buona dose di ironia e di spirito. Suoi complici sono lo scenografo Rufus Didwiszus e la costumista Victoria Behr, che reiventano un mondo dalle non definite coordinate temporali, quasi a sottolineare con lievità che quella commedia umana, in fondo, è sempre uguale.
Pubblico naturalmente assente al Nationaltheater per quello che prometteva di essere uno degli appuntamenti di punta della stagione dell’Opera bavarese e a forte rischio di cancellazione per le note regole di distanziamento fra orchestrali chiaramente incompatibili con l’ipertrofica massa orchestrale straussiana. Fortunatamente viene in aiuto la riduzione per circa 40 strumentisti messa a punto da Eberhard Kloke nel 2020: fra i suoi pregi c’è quello di una maggiore trasparenza sonora, che a tratti fa pensare a quella dell’Ariadne, e che esalta il carattere di “Konversationstück” del lavoro. Ne guadagna ovviamente la compagine vocale, che al Nationaltheater brilla più che per l’eccellenza delle singole voci per l’eccezionale omogeneità e l’adesione collettiva al brioso disegno registico di Kosky. Abbandonati i panni di Sophie, l’ancor giovane Marlis Petersen indossa per la prima volta quelli della Marescialla e lo fa con autorevolezza e credibilità grazie soprattutto a un indubbio talento di attrice che esalta i malinconici abbandoni del personaggio. Grandi prove attoriali anche per Christoph Fischesser, che è un Ochs scenicamente vitale e vocalmente robusto, e per Johannes Kränzle, che conferma le note doti di commediante anche nel ruolo di Faninal. I due giovani innamorati sono Samantha Hankey, un Octavian di carattere e dal fascino androgino, e Katharina Konradi, Sophie maliziosa e leggera nei modi e nella voce. Impeccabili Wolfgang Ablinger-Sperrhacke e Ursula Hesse von den Steinen, gli intriganti Valzacchi e Annina resi con parodistico brio, e il resto del nutrito cast vocale. Ottima anche la prova dell’Orchestra di Stato Bavarese, che non fa sentire troppo la necessaria riduzione nell’organico in virtù di un suono che la trasmissione in streaming restituisce trasparente e ricco di colori timbrici. Vladimir Jurowski, direttore musicale dell’orchestra dalla prossima stagione, assicura una guida poco incline a svenevolezze rococò o a sentimentalistici languori ma di indubbio spessore teatrale e soprattutto sempre intonata alla ricchezza di umori della partitura straussiana.
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