Il Bach vivo e scintillante di Koopman

L’Oratorio di Natale incanta il pubblico milanese del Quartetto

L’Oratorio di Natale incanta il pubblico milanese del Quartetto
L’Oratorio di Natale incanta il pubblico milanese del Quartetto
Recensione
classica
Basilica di San Marco, Milano
Bach – Oratorio di Natale BWV 248
17 Dicembre 2019

Proposto nell’ultimo appuntamento del Quartetto prima del Natale, il Weihnachts Oratorium di Johann Sebastian Bach ha rappresentato, per il pubblico milanese accorso nella suggestiva cornice della Basilica di San Marco, pregiata occasione per una immersione totale nel linguaggio del Kantor in tutte le sue sfumature espressive e spirituali. Scritto per il tempo di Natale dell’anno 1734 e articolato in sei cantate, una per ciascuna festività del periodo (iniziando col 25 dicembre e arrivando fino all’Epifania), questo capolavoro rappresenta infatti un’imponente concentrato – non triplo ma addirittura sestuplo – di musica non pensata per una esecuzione unitaria. Ma se a fare da regista di un simile evento c’è un interprete come Ton Koopman, alla guida del suo fidato Amsterdam Baroque, ecco che anche un ascolto di tre ore, lungi dal risultare pesante, diventa una esperienza mistica in cui volentieri si perde la cognizione del tempo.

Il Bach di Koopman è vivo, scintillante nelle sonorità ed espressivamente ricco, il magistero contrappuntistico si fa umano proprio come il Cristo di cui si celebra la nascita e il racconto evangelico coinvolge l’ascoltatore, che si identifica nei vari personaggi coinvolti nella narrazione, a turno affidati ai solisti. Quasi ci si dimentica dell’ampio ricorso, da parte dello stesso Bach, al procedimento della ‘parodia’, ovvero all’uso sistematico di materiale musicale precedentemente composto – in parecchi casi per finalità profane – su cui viene adattato il nuovo testo legato al Natale, né pesa più di tanto una naturale mancanza di omogeneità di questo oratorio, vista la sua articolazione in sei autonome cantate. Koopman anzi è riuscito a giocare proprio su questa varietà, sottolineando la molteplicità di stati di animo che affollano il racconto, mantenendo però unito il materiale bachiano grazie a una concentrazione esecutiva incessante. All’ascoltatore ha saputo trasmettere sia il Bach più festoso, come nell’apertura della prima e terza cantata, sia quello che sia abbandona alla tenerezza per parlare dei pastori in visita alla grotta di Betlemme sia infine quello che celebra la fede nella salvezza portata agli uomini dal Salvatore.

Eccellente prova d’insieme dell’Amsterdam Baroque Orchestra & Choir – seppur con qualche riserva sugli interventi del primo violino in diverse arie – ma soprattutto merita ricordare il rilevante apporto dei solisti vocali: Tilman Lichdi è stato incantevole nel ruolo dell’Evangelista, pronto a sottolineare ogni sfumatura della narrazione, evidenziando poi una particolare bravura in alcune delle arie affidate al tenore (in particolare Frohe Hirten, nella seconda cantata), mentre Klaus Mertens si è confermato interprete più che affidabile e dotato di ampia esperienza. Per Martha Bosch (soprano) e Clint van der Linde (alto) è giusto tener conto che sono subentrati ai cantanti originariamente previsti (all’ultimo momento hanno dovuto rinunciare per motivi di salute), ma tra i due è stato comunque più il secondo ad aver attirato l’attenzione del pubblico per intensità interpretativa e il bel colore della voce.

Lunghi applausi al termine di questa indimenticabile esperienza bachiana, infine Koopman ha trovato ancora le energie per ringraziare offrendo un breve ma suggestivo bis insieme al suo coro.

 

 

 

 

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