I sogni di Don Chisciotte

Recensione
classica
Teatro Regio Torino
Jules Massenet
17 Gennaio 2003
"Siamo della materia di cui sono fatti i sogni": sì, è Shakespeare, ma potrebbe anche essere Cervantes raccontato da Piero Faggioni. A vent'anni dal suo debutto veneziano, e dopo aver girato il mondo (da Parigi a Tokyo) lo storico allestimento di "Don Quichotte" di Massenet secondo Piero Faggioni (regia, scene, costumi, luci) è approdato ieri sera al Teatro Regio di Torino. La prima sorpresa, rivedendolo vent'anni dopo, è che lo spettacolo non è invecchiato per niente, anzi, mantiene intatta tutta la sua magia, tutto il suo sogno, tutta la sua capacità di raccontarci in 2 ore e mezza che vale la pena di vivere per il proprio ideale (amare, sconfiggere un gigante...). Così il cavaliere dalla lunga figura, il pazzo sublime che in apertura d'opera legge i romanzi cavallereschi per volare via sulle ali fantastiche di un novello Pegaso, ci è mostrato in tutta la sua fragilità (nel terzo atto, circondato dai banditi, sembra Gesù sbeffeggiato dai soldati di Ponzio Pilato), ma anche in tutta la sua forza (il coraggio con il quale affronta mulini e ladri). Il gioco è quello del teatro del teatro: su una piattaforma al centro di una carbonaia una compagnia di attori mette in scena la storia di Don Chisciotte. La fascinazione del teatro è lì, davanti a noi, nelle facce e nei gesti di popolo e nobili che, spettatori sulla scena, come noi lo siamo in platea, restano incatenati a seguire le vicende dell'hidalgo. Le luci perfette, la neve che sembra cadere da un'ideale palla di vetro, i mulini a vento piccoli in proscenio e con le pale gigantesche che appaiono tra le quinte sono solo alcune delle magie teatrali di Faggioni. Michele Pertusi, primo bass-baritone a raccogliere il testimone di Ruggero Raimondi (che dal 1982 è sempre stato il protagonista di questo spettacolo) debuttava nel ruolo, ma si stenta a crederlo perché il personaggio è già completamente suo: basta vedere con quale ardore allucinato guarda la sua spada, o come riesce a fare seriamente la sua serenata a Dulcinea anche se continuano ad interromperlo. Fraseggiatore raffinato ci regala un'interpretazione di grande emozione. Muore lasciando "L'Isola dei Sogni" in eredità a Sancho e anche il compassato pubblico delle prime si commuove. Il suo alter ego, pauroso ma fedelissimo, è Roberto De Candia, un Sancho versatile e di classe. Anna Caterina Antonacci è una Dulcinea seducente che sa essere ironica ma anche dolente. Brillante la prova dell'orchestra guidata da un massenettiano doc come Patrick Fournillier. Successo vivissimo.

Note: Versione in lingua francese. Allestimento Opera Multimedia Promotion Ltd, Genève

Interpreti: Don Quichotte basso: Michele Pertusi / Alain Vernhes (18, 22, 25); Sancho baritono: Roberto de Candia / Paolo Rumetz (18, 22, 25); Dulcinée mezzosoprano: Anna Caterina Antonacci / Elsa Maurus (18, 22, 25); Pedro soprano: Maria Cioppi; Garcias soprano: Barbara di Castri; Rodriguez tenore: Leonard Pezzino; Juan tenore: Iorio Zennaro; Capo dei banditi attore: Vladimir Jurlin / Nanni Tormen; Primo bandito attore: Mauro Ginestrone; Secondo bandito attore: Nanni Tormen / Boris Vecchio; Primo servitore tenore: Paolo Lovera; Secondo servitore baritono: Marco Tognozzi

Regia: Piero Faggioni

Scene: Piero Faggioni

Costumi: Piero Faggioni

Corpo di Ballo: Danzatori: Monica Artino, Mariano Brancaccio

Coreografo: Mariano Brancaccio

Orchestra: Orchestra del Teatro Regio

Direttore: Patrick Fournillier / Bruno Poindefert (25)

Coro: Coro del Teatro Regio

Maestro Coro: Claudio Marino Moretti

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