Hildegard, o della “viriditas”

Cristina Borgogni incarna nel duomo di Firenze la santa tedesca

Recensione
classica
O flos colende Firenze
08 Settembre 2017
Un'indimenticabile chiusura in chiave di dramma mistico, venerdì nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, per la rassegna di musica sacra “O flos colende”. Un'edizione 2017 che ha visto molti eventi di rilievo per originalità e qualità, dalla proiezione dei “Dieci comandamenti” di De Mille con il possente accompagnamento dell'organo in primavera, al bellissimo concerto dei Tallis Scholars a luglio, e a cui quest'ultimo appuntamento ha posto un suggello così emozionante. Della teologa, poetessa, musicista tedesca (1098 – 1179) che, abbiamo scoperto venerdì, fu anche molte altre cose (ad esempio igienista i cui consigli ci sembrano tuttora assai validi), l'attrice e drammaturga Cristina Borgogni, selezionando dagli scritti di Hildegard e intessendoli con la sua partecipe e commossa fantasia, ha saputo costruire un ritratto indimenticabile di santa e di donna, innamorata della “viriditas”, della gioia e freschezza del creato, ma anche apocalittica fustigatrice della sua epoca e dei potenti, laici ed ecclesiastici, con cui venne a contatto e entrò in conflitto. La Borgogni era ben affiancata da Paolo Lorimer nei panni dello scrivano e confidente Volmar. Tutto questo era intessuto di musica, con grande fascino, con una compenetrazione fra testo parlato e musica di una profondità che si rileva di rado in operazioni di questo tipo. Musiche d'epoca, prevalentemente della stessa Hildegard (antifone, responsori, lezioni), nella ricca e insieme aerea versione vocale-strumentale, arricchita da nitide polifonie arcaiche, realizzata con perizia e intensità dall'Ensemble San Felice diretto da Federico Bardazzi. Successo che non se ne potrebbe chiedere di più, e la speranza che questa originale rivisitazione del teatro religioso non finisca la sua avventura qui.

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