Firenze: Ort alla tedesca

Trascinante  concerto inaugurale della stagione dell’Orchestra della Toscana, con Diego Ceretta e Frank Peter Zimmermann 

 

Ort, Diego Ceretta e Frank Peter Zimmermann (Foto Eugenia Cesari)
Ort, Diego Ceretta e Frank Peter Zimmermann (Foto Eugenia Cesari)
Recensione
classica
Firenze, Teatro Verdi
Ort Diego Ceretta e Frank Peter Zimmermann
30 Ottobre 2024

Qualche tempo fa, insediandosi come nuovo, giovanissimo direttore principale dell’Orchestra della Toscana, Diego Ceretta chiarì la sua strategia: per fare il suono di un’orchestra sinfonica (ancorché di piccola taglia come l’Orchestra della Toscana) bisogna passare dalla grande musica tedesca.

   L’attento lettore del Giornale della Musica sa che Ceretta nel frattempo ha fatto e sta facendo benissimo anche altro, ad esempio, recentemente, una bella Battaglia di Legnano al festival Verdi di Parma. Ma in qualche modo la sua convinzione ci è tornata in mente nel programma del concerto di inaugurazione della stagione ‘24-’25 dell’Orchestra della Toscana mercoledì al Verdi di Firenze,  aperto dall’ouverture dell’Egmont beethoveniano e chiuso da una Scozzese di Mendelssohn davvero memorabile per afflato romantico, mercuriale vivezza delle varietà dinamiche e degli andamenti, giustezza assoluta degli equilibri fra i diversi settori dell’orchestra. In particolare ci ha colpito come l’Ort e il suo direttore restituivano in pieno, ad esempio negli interventi dei corni, il senso delle lontananze con cui è evocato, come in uno sfumato pittorico, uno dei paesaggi ideali più cari alla sensibilità romantica. Un esito magnifico, che peraltro non poteva stupire del tutto il pubblico dell’Orchestra della Toscana, che già ha individuato in Ceretta  tutte le doti di cui abbiamo detto, e la capacità di far fare all’orchestra esattamente ciò che ha in mente, e subito, con stupenda e pronta reattività fra podio e orchestra.

   Ma per quanto riguarda chi scrive la vera sorpresa è stato il concerto in re minore per violino e orchestra di Schumann, lavoro considerato per molti aspetti un punto debole nel catalogo schumanniano. E tale, tutto sommato, continuiamo a ritenerlo: è frutto dell’ultima stagione creativa di Schumann prima di sprofondare nella follia, e  forse nella faticosa delineazione dell’invenzione questo declino è in parte già palpabile, tanto che fu la stessa Clara Schumann a non includere la partitura nell’edizione dell’opera omnia curata da Brahms. Il concerto fu dimenticato a lungo, fino a quando la violinista pronipote del destinatario originario Joseph Joachim, Jelly D’Aranyi, ne riscoprì l’autografo fra le carte del prozio. Un concerto sfortunato, dunque, ma che ha trovato recentemente un apostolo in un violinista del calibro di Frank Peter Zimmermann che lo ha eseguito più volte, ultima delle quali in questa occasione, con l’Ort.

   La collaborazione fra Ceretta e Zimmermann ci ha rivelato così aspetti di questa partitura che non avevamo rilevato in precedenti esecuzioni di cui serbiamo memoria, ad esempio più di un momento di originale e quasi visionaria interazione fra il solista e le file degli archi, che in quest’occasione, data la ridotta dimensione delle file Ort rispetto agli spessori consueti di un’orchestra sinfonica, acquistava una qualità tutta particolare, quasi cameristica, molto persuasiva. Zimmermann ci ha poi stupito con una singolarissima versione per violino solo dello schubertiano Re degli Elfi (che però fa evidente riferimento alla versione di Liszt) di cui ipoteticamente indichiamo l’autore nel violinista e compositore ottocentesco Heinrich Wilhelm Ernst. Un pezzo in cui i temi e momenti e “voci” ben noti di questo Lied celeberrimo sono immersi in un ipervirtuosismo survoltato e spettrale che, se non altro, ci è sembrato il fuoriprogramma ideale per questi giorni di Halloween. Poi però per nostra fortuna e gioia ha chiuso la sua esibizione con Bach, la Sarabanda della Partita in si minore per violino solo, in cui ogni episodio era ritornellato, com’è giusto per una sarabanda, con un bellissimo e fantasioso gioco di variazioni e diminuzioni, e qui Zimmermann ha potuto far valere anche la sua straordinaria abilità di sgranatura vigorosa e luminosa dei bicordi e tricordi tipici della scrittura violinistica bachiana. Successo veramente ottimo per solista, direttore e orchestra.  

 

 

 

 

 

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