Festa napoletana per Antonio Florio
Antonio Florio festeggia i suoi trent'anni di attività musicale con la scoperta di un nuovo tesoro del barocco partenopeo
Con la prima esecuzione in epoca moderna dell’Oratorio de los Santos Niños (1683) di Donato Ricchezza nella Chiesa di San Francesco delle Monache a Napoli, Antonio Florio ha messo a segno un altro interessante capitolo della sua antologia di tesori della musica partenopea che dal 1987, con La colomba ferita di Francesco Provenzale, ha rivelato opere, cantate, e musiche sacre e strumentali di Sabino, Salvatore, Netti, Caresana, Veneziano, Leo, Jommelli, Vinci, Latilla, Paisiello e altri maestri del più importante centro di cultura musicale della storia dell’Italia meridionale.
Dinko Fabris, collaboratore di Florio fin dagli esordi, nel presentare il concerto ha scherzato sul nome del compositore, che sembra inventato per ricordare la profusione di talenti della scuola partenopea, e ha sottolineato l’importanza della sua produzione artistica legata al Convento dei Girolamini, nel quale prese il posto di Caresana come organista. Non si sa molto della vita di questo prete violinista che fu allievo di Provenzale e che entrò a far parte della Cappella Reale, scrivendo cantate, canzoni spirituali, mottetti, e soprattutto oratori. Quello dedicato ai due martiri bambini di 7 e 9 anni, Justo y Pastor, uccisi nel 304 ad Alcalá de Henares durante la grande persecuzione di Diocleziano per ordine del prefetto Daciano, è un interessante esempio del talento musicale del suo autore che è praticamente sconosciuto.
L’oratorio è costruito sui dialoghi tra San Giusto, San Pastore, Daciano e un Soldato e si sviluppa attraverso una agile e rapida successione di ariosi e recitativi sostenuti dal basso continuo e dall’accompagnamento obbligato del violoncello. L’aspetto musicale più originale è quello costituito dai dialoghi tra i due fratellini e tra il console e il soldato, e fra tutti loro, in modo tale che gli ariosi sono spesso concertati in un costante fluire di melodie vocali e strumentali, che oscillano tra i sentimenti contrastanti di tenerezza, di pietà, di gioia innocente, e di crudeltà.
La data della creazione di questo oratorio coincide con quella dell’arrivo a Napoli del viceré Gaspar Méndez de Haro, marchese di El Carpio, che invitando il giovane Alessandro Scarlatti a dirigere la compagnia del Teatro San Bartolomeo e poi la Cappella Reale sancì la trasformazione della scena teatrale partenopea. Se il tema dell’oratorio di Ricchezza rappresenta un evidente omaggio alla corte spagnola, il suo stile è ancora quello originale e ricco di inventiva musicale della tradizione locale, non ancora cristallizzata e irrigidita nella sequenza di arie con da capo, recitativi accompagnati e sinfonie avanti l’opera tripartite.
L’ottima concertazione di Florio ha messo in risalto la qualità dei quattro interpreti accompagnati da Cappella Neapolitana, il contralto Marta Fumagalli e il soprano Federica Pagliuca, rispettivamente San Giusto e San Pastore, e il tenore Luca Cervoni e il basso Giuseppe Naviglio, nei panni del Soldato e di Daciano. La mancanza di un programma di sala con il libretto, di autore anonimo, non ha consentito di cogliere tutti i dettagli del testo, soprattutto per quanto riguarda gli artifici grammaticali della sapiente risposta di Giusto e Pastore quando il console Daciano considera che sono troppo giovani per morire e che dovrebbero andare a scuola. Dal bis è balenato quello che potrebbe essere un ulteriore tesoro di Donato Ricchezza, La passacaglia dell’acqua dall’oratorio La gara dei quattro elementi, e non poteva esserci modo migliore per ricordare i trenta anni di attività di Florio con il suo ensemble, fatti di un intenso lavoro di ricerca e di affascinanti scoperte, che per fortuna non sono finite.
Il concerto è stato il primo evento del piccolo festival Sicut Sagittae che comprende altri quattro appuntamenti nella sede del Centro di Cultura Domus Ars fino al 3 dicembre 2017.
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