Due grandi opere per due grandi interpreti

Radu Lupu e Antonio Pappano in Beethoven e Bruckner all'Accademia di Santa Cecilia

Recensione
classica
Accademia di Santa Cecilia Roma
12 Gennaio 2017
Un programma decisamente generoso quello offerto da Santa Cecilia in questo weekend, sia per qualità degli interpreti che per quantità di musica. Si apriva con il Concerto n. 4 di Beethoven, sicuramente quello dei cinque che corrisponde di più all'attuale visione di Beethoven da parte di Lupu, di cui ricordiamo una recente interpretazione dell'Appassionata, quasi provocatoria per i tempi lentissimi e le dinamiche attenuate, totalmente refrattarie alla drammaticità beethoveniana, proprio in un'opera considerata emblematica di tale drammaticità. Nel quarto Concerto invece un simile approccio porta a risultati indubbiamente più vicini alle intenzioni del compositore e molto affascinanti. L'Allegro moderato iniziale diventa molto ma molto moderato, però con tempi molto elastici, perché Lupu indugia ulteriormente per accentuare l'incantatoria bellezza dei momenti più lirici, ma accelera in quelli più brillanti. Le dinamiche si muovono tra il "mezzopiano" e il "mezzoforte", eppure all'interno di questa ridotta gamma Lupu sa trovare una sorprendente varietà di tocco per valorizzare meglio ogni momento, ma sempre all'interno di una visione lirica, serena, assolutamente priva di conflitti. Pappano accompagna stupendamente il solista, trovando tinte quasi pastello che si fondono perfettamente con i colori e le dinamiche del pianista. Lupu prende un tempo molto dilatato anche nel successivo Andante con moto, trasformandolo in un Adagio, ma senza sbrodolamenti, perché trova esattamente il punto giusto per delibare il più possibile ogni singola nota della sublime melodia senza però annacquarla. La netta contrapposizione tra solista e orchestra in questo movimento permette ora a Pappano di non trattenersi, almeno nella prima parte, ma poi l'orchestra man mano affievolisce i suoi interventi cupi e aggressivi, proprio "come il coro delle furie placate dal canto di un nuovo Orfeo, che si chinano per lasciare il passo", come scrive Giorgio Pestelli nel programma di sala. Nel Rondò, il movimento meno originale dei tre, si stempera anche l'originalità dell'interpretazione di Lupu, che non respinge del tutto la brillantezza richiesta da questa pagina, ma sempre con toni sfumati che dovrebbero invitare l'orchestra a un dialogo quasi cameristico, mentre Pappano preferisce ora sonorità molto più decise. Ci vogliono gli applausi ritmati di tutta la sala per convincere infine Lupu a un bis: Giugno dalle Stagioni di Ciajkovskij. Dopo l'intervallo, l'immensa Sinfonia n. 7 di Bruckner, che Pappano dedica alla memoria di Georges Prêtre, salito sul podio dell'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia circa centocinquanta volte in quasi mezzo secolo. Pappano non si tira certamente indietro davanti all'immane potenza delle sonorità a piena orchestra, facendole esplodere con forza terrificante ma anche con tale incredibile chiarezza da lasciar distinguere ogni nota del densissimo intreccio contrappuntistico. Se per molti è questo il Bruckner più bruckneriano, Pappano mette giustamente al centro della sua interpretazione le pagine più liriche, che, orologio alla mano, sono gran parte di questa sinfonia, e le fa cantare con un intimismo quasi schubertiano ma anche con un gusto quasi sensuale, un po' italiano. Due capolavori, due grandi interpreti e due interpretazioni personali e illuminanti.

Note: repliche venerdì 13 e sabato 14 gennaio 2017

Interpreti: Radu Lupu, pianoforte

Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Direttore: Antonio Pappano

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