Da Lorca a Ortega
Madrid: La casa de Bernarda Alba di Miguel Ortega
Miquel Ortega è il primo compositore spagnolo ad aver osato mettere in musica La casa di Bernarda Alba. Prima di lui Aribert Reimann ne aveva fatto una versione in tedesco, eseguita per la prima volta nel 2000 e replicata l’anno successivo nella penisola iberica al festival di Peralada. Ma sinora nessuno spagnolo aveva osato affrontare quello che è unanimemente considerato il capolavoro drammatico di Federico García Lorca. Ortega, nato a Barcellona è compositore che viene dal mondo del teatro, avendo lavorato anche come direttore d’orchestra, e soprattutto come pianista accompagnatore e maestro concertatore per teatri come il Liceu e il Teatro de la Zarzuela di Madrid. Proprio in quest’ultimo, per la prima volta a Madrid, si è data in questi giorni la sua versione del claustrofobico dramma di Lorca. L’opera, composta tra il 1991 e il 2006, aveva già esordito in una versione con grande orchestra in Romania ed era stata eseguita poi al festival di Santander e in quello di Peralada, ma questa versione con orchestra da camera che si è potuta ascoltare al Teatro de la Zarzuela è una novità ed è da considerarsi quella più fedele alle intenzioni del compositore che ha pensato a un organico simile a quello del Giro di vite o dell’Albert Herring di Britten.
Lo spettacolo, curato nelle scene e nei costumi da Ezio Frigerio e Franca Squarciapino e da Barbara Lluch per la regia, è stato di prima qualità, rispettoso dell’impostazione veristica che la musica di Ortega ha voluto dare al testo di Lorca, lasciando così alla parola il compito di esprimere i simbolismi che non mancano mai nel teatro del poeta andaluso, sempre tendente al lirismo. Di alto livello sono state anche le prestazioni delle tante cantanti in scena, così come quella dell’unico maschio, il baritono Luis Cansino, nel curioso ruolo en travesti della serva Poncia. Il libretto di Julio Ramos, scrittore di origini colombiane scomparso nel 1995 e già collaboratore di Ortega con il nome d’arte Bruno Bruch, è molto fedele all’originale: le uniche varianti degne di nota sono la soppressione della prima scena del prim’atto, quella tra le due serve, e della scena introduttiva del terz’atto in cui appare il personaggio di Prudencia. Quanto alla musica, bisogna dare atto ad Ortega di non essersi tirato indietro e di aver cercato di scrivere veramente un’opera, con motivi conduttori, linee di canto plausibili in cui le parole sono il veicolo di una dialettica tra personaggi e un’altimetria di situazioni musicali fedele al decorso del dramma. Purtroppo, l’eclettismo degli stili usati e la poca pregnanza delle idee musicali non hanno permesso alla musica di creare una drammaturgia che ne giustificasse la presenza, e il risultato alla fine è stato quello di aver annacquato l’intensità del dramma originale. Tant’è che i momenti più emozionanti della serata sono state le due apparizioni della nonna matta, che parla e non canta, in cui la potenza espressiva della lingua di Lorca si è potuta manifestare in pieno, anche grazie alla magistrale interpretazione dell’attrice Julieta Serrano.
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