Da Edipo a Turiddu

Vivissimo successo al Teatro Regio di Torino per l'insolito dittico formato da "Cavalleria Rusticana" e "Edipo Re"

Recensione
classica
Teatro Regio Torino
Pietro Mascagni
02 Marzo 2007
Sulla carta sembravano una strana coppia, Edipo e Turiddu insieme, sul palcoscenico, invece la coppia non era più strana, anzi, il dolore arcaico di Edipo trovava un seguito nel dolore contemporaneo di Santuzza, la ritualità dell'oratorio stravinskijano si legava alla ritualità della processione pasquale mascagnana. Al Teatro Regio di Torino ieri sera è andato in scena con vivissimo successo l'insolito dittico composto da Edipo Re di Stravinskij e Cavalleria Rusticana di Mascagni. A dare unitarietà al progetto la regia di Roberto Andò, le scene di Mimmo Paladino, l'impianto scenico di Daniele Spisa, costumi e luci di Gianni Carluccio e le proiezioni di Luca Scarzella. E' una Tebe archelogica e distrutta quella sconvolta dalla peste: un palazzo esploso del quale ci sono solo i ruderi, i tebani hanno il volto velato, quasi larve, Edipo, ancora ignaro, si muove sicuro con la sua maschera-corona, ma quando tutto sarà svelato anche lui, ormai cieco, vagherà con il volto coperto mentre lassù una sciarpa rossa attorno al collo di Giocasta ci racconta la sua impiccagione. Per Cavalleria un tappeto di arance steso in proscenio e un grande schermo sullo sfondo sul quale scorrono bellissime immagini seppiate e foto in bianco e nero di Ferdinando Scianna con scene di vita dei campi o processioni, dove basta un turibolo agitato, o quei piedi nudi di chi porta la statua di Cristo, per raccontare un'emozione. E' una piazza siciliana vuota con al centro una grande coppola che ruota e all'interno ecco i teschi disegnati da Palladino come quelli che ci sono nelle cripte. Andò sceglie di sottrarre invece di caricare il folklore e l'operazione gli riesce benissimo, riuscendo veramente ad emozionare. Ottima la prova del coro, nei due cast segnaliamo il narratore di Marco Baliani, Ildiko Komlosi (toccante Giocasta e intensa Santuzza), Walter Fraccaro (impetuoso Turiddu) e Lucio Gallo (sicuro Creonte e raffinato Alfio che qui è un capomafia più che un carrettiere, con tanto di occhialini e bastone da passeggio). Buona la prova dell'orchestra guidata da Jacques Lacombe.

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