A Colonia una storia di migranti di ieri

All’Oper Köln “The Strangers” di Frank Pesci porta in scena un fatto accaduto nella New Orleans nel 1890

The Strangers (Foto Sandra Then)
The Strangers (Foto Sandra Then)
Recensione
classica
Colonia, Oper Köln (Staatenhaus)
The Strangers
30 Settembre 2023 - 15 Ottobre 2023

Praticamente in concomitanza con l’allestimento inaugurale della Frau ohne Schatten, l’Oper Köln presenta anche la prima delle due novità del cartellone 2023/24. La seconda, l’“atomica” Ines di Ondřej Adámek, arriverà a fine stagione. Si tratta di The Strangers del quarantanovenne compositore americano Frank Pesci, da tempo residente nella città renana, già autore di numerose composizioni di musica orchestrale, corale e da camera (fra questi anche Parade per ottoni e percussioni commissionato nel 2021 dall’Orchestra Gürzenich di Colonia) oltre che di lavori per il teatro musicale. A quest’ultimo genere appartiene anche questo suo lavoro appena tenuto a battesimo alla Staatenhaus in un bell’allestimento curato da Maria Lamon per la regia e con le scene e i costumi di Luis F. Carvalho.

Il libretto in inglese di Andrew Altenbach sviluppa in modo drammaturgicamente bilanciato una vicenda ispirata a fatti realmente accaduti attraverso un prologo, sette scene e un epilogo. Siamo a New Orleans nel 1890, nel pieno dunque di un flusso migratorio che fra il 1884 e il 1924 portò nella città sul Mississippi poco meno di 300 mila immigrati provenienti principalmente dalla Sicilia e confinati nel quartiere oggi scomparso di Piccola Palermo. Le tensioni nella città fra residenti di lunga data e i siciliani sono palpabili. William Parkerson, facoltoso rappresentante dell’élite cittadina, soffia sul fuoco delle tensioni sociali al grido di “New Orleans è invasa”. Ovvio che il quel clima ci scappi il morto: è il capo della polizia David Hennessy, che rimanere gravemente ferito durante una sparatoria con una banda di malviventi non meglio identificati. Naturalmente i sospetti cadono sulla comunità dei siciliani, e in particolare su Emmanuele “Mani” Polizzi, un giovane arrivato da poco in città con il sogno di rifarsi una vita con la moglie Iania Costa. Per Billy O’Connor, il capo della ronda al soldo della classe affluente di New Orleans, ci sono pochi dubbi che Mani sia il colpevole. Arrestato, Mani viene assolto dai giudici per mancanza di prove, proprio quando Hennessy spira dopo una lunga agonia. Durante i funerali del capo della polizia in pieno “mardi gras”, la madre di Hennessy prova a calmare gli animi ma a poco servono le sue preghiere. Mani viene inseguito e linciato dalla folla furiosa. È il 14 marzo 1891. Alle donne della Piccola Palermo e alla comunità tutta di New Orleans non resta che piangere i propri morti. L’amaro corale finale prende a prestito gli ultimi versi di The New Colossus di Emma Lazarus, quelli incisi ai piedi della Statua della Libertà, la prima immagine per centinaia di migliaia di uomini e donne in fuga dalla miseria dall’Europa di fine Ottocento e inizio Novecento: “Date a me le vostre stanche, povere masse oppresse e soffocate, / che anelano a respirare libere, / I miseri rifiuti delle vostre coste brulicanti. / Mandate costoro, i senza-patria, spinti dalla tempesta a me, / Io sollevo la mia lampada / presso la porta d’oro!”

Delle tre versioni messe a punto da Frank Pesci per questo suo riuscito lavoro, a Colonia si è ascoltata quella per piccolo ensemble “britteniano” fatto di 16 elementi (le altre due sono per grande orchestra e per ensemble tradizionale di New Orleans di 8 elementi), una scelta che gioca a favore della chiarezza di esposizione del complesso intreccio di scritture musicali diverse (non manca ovviamente il jazz) sviluppate nel lavoro di Pesci che vogliono rappresentare la molteplicità di tradizioni alla base dell’identità culturale di New Orleans e più in generale dell’America. La sapiente costruzione della partitura nell’alternanza di momenti leggeri ad altri drammaticamente più intensi rende davvero avvincenti le due ore del lavoro.

Molto riuscito è anche l’allestimento, montato in uno dei tre grandi spazi dello Staatenhaus, lontano da didascaliche (e pleonastiche) attualizzazioni di una vicenda che vuole essere un omaggio alla memoria ma che necessariamente parla anche al nostro presente. Il pubblico trova posto lungo i lati dell’esagono che circoscrive lo spazio dell’azione. Al centro trova posto l’orchestra, mentre l’azione si svolge praticamente a contatto con gli spettatori su sei piattaforme mobili, prive di pareti ma con qualche essenziale elemento di attrezzeria d’epoca (un lampione, un inginocchiatoio, un filo per tendere la biancheria, una sedia e via dicendo), spostate a vista per formare i diversi ambienti dell’azione scenica. Fissi come le statue di un museo nel prologo, i sei personaggi principali si animano per dare quindi vita alla vicenda, con la compartecipazione di un ensemble vocale e degli interpreti dei ruoli minori, tutti vestititi con eleganti costumi d’epoca.

In quest’opera, che si può ben definire corale, il contributo di ognuno è essenziale. E quello, generoso anche sull’impegno fisico, non manca, a cominciare dai sei bravi protagonisti, che sono Emily Hindrichs (Iania Costa), John Heuzenroeder (Emmanuele Polizzi), Miljenko Turk (David Hennessy), Regina Richter (Margaret Hennessy), Martin Koch (Billy O'Connor) e David Howes (William Parkerson). A loro si aggiungono le tre donne siciliane di Dalia Schaechter (Mama Costa), Maria Koroleva (Catarina Costa), Adriana Bastidas-Gamboa (Zia Francesca) e il multiforme quartetto vocale con Armando Elizondo, Michail Kapadoukakis, Kevin Moreno e Anthony Sandle. Decisiva al risultato la solida guida del giovane direttore Harry Ogg, che dirige con esemplare esattezza dal centro della sala i 16 bravi strumentisti della Gürzenich Orchester e tutti gli interpreti nei loro frequenti movimenti.

Serata per pochi, salutata da calorosi applausi.

 

 

 

 

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