Classica lussuosa
Reportage dall'Abu Dhabi Festival
Recensione
classica
In questa città che sembra una Los Angeles più piccola e più lussuosa, c'è un albergo (l'Hemirates Palace) da mille e una notte, che ingloba un grande e sontuoso auditorium, dove si svolge l'Abu Dhabi Festival. Sono venti giorni di musica araba, balletti romantici, concerti classici, jazz e mostre, tutto al massimo livello, perché qui non si bada a spese, letteralmente.
Per una serata intitolata "opera gala" hanno convocato Renée Fleming, la star del Metropolitan di New York, un tenore di prima categoria, Michael Schade, e un'orchestra di lusso, la Dresdner Philharmonie. Il programma, lunghissimo e ben congegnato, allinea brani in lingua italiana (Mozart e Verdi), tedesca (ancora Mozart e Léhar), inglese (Haendel, Gershwin e Berlin) e francese (Massenet) con contorno di estratti orchestrali. Renée Fleming è in gran forma: forse la voce è ancora un po' fredda nel primo Mozart, ma è già morbida e sensuale nella Semele di Haendel. Poi ampi estratti della Traviata: sembrerebbe avere tutto per Violetta, eppure le manca qualcosa e resta un tantino al di fuori del personaggio. Verdi non sembra il suo autore ideale, Massenet invece sì! In Manon è perfetta. Nella commedia musicale di Berlin è frizzante e spiritosa al punto giusto, si diverte e fa divertire. Schade è da manuale in "Dalla sua pace”, è un partner adeguato alla Fleming in Traviata e in Manon, gigioneggia che è un piacere in Dein ist mein ganzes Herz di Léhar. Però le cose migliori le fa l'orchestra, che è ottima nell'ouverture delle Nozze di Figaro e nell'Intermezzo di Cavalleria rusticana e assolutamente fantastica e travolgente nel valzer del Faust e nella Farandole dell'Arlesienne. Dirige il viennese Sascha Goetzel, un habitué della Volksoper, che in questi brani spumeggianti è come un pesce nell'acqua. Finale a sorpresa, con la fondatrice e direttrice artistica del festival Hoda Al Khamis-Kanoo che invita la giovanissima e intimidita Sara Al Qaiwani - la prima e per ora unica cantante lirica di Abu Dhabi, con studi a Londra e Roma - a salire sul palcoscenico e a esibirsi nel duetto dei pini delle Nozze di Figaro insieme alla Fleming. Una cosa del genere in Italia sembrerebbe provinciale, qui no, anzi si ammira il modo con cui vengono amorevolmente coltivati questi germogli. Finora ad Abu Dhabi non è mai stata rappresentata un'opera, ma evidentemente la passione per l'opera è già arrivata per altre vie, perché la sala è gremita e gli applausi calorosi, soprattutto per Verdi, che è uno dei pochi segni dell'Italia - oltre alle firme della moda nei grandi mall - che si notino in questa città così internazionale e così aperta all'occidente.
Il giorno dopo concerto dell'European Union Youth Orchestra, per la prima volta ospite di un paese arabo. Sul podio sta il suo direttore musicale Vladimir Ashkenazy e Gautier Capuçon è il solista nel Concerto op. 104 di Dvorák: il suo violoncello è elegante, capace di sfumature di grande delicatezza e pianissimi prodigiosi, ma non ha un suono particolarmente pieno e robusto, non può quindi dare il suo meglio in un concerto così esuberante e travolgente ed è spesso "coperto" dall'orchestra, lasciata libera da Ashkenazy di sfoggiare tutta la sua potenza di suono. Il concerto si era aperto con l'ouverture di Ruslan e Ljudmila di Glinka, che abbiamo ascoltato in versioni più smaglianti, e si è concluso con la Sinfonia n. 2 di Rachmaninov. Se prima Ashkenazy era sembrato poco coinvolto e non aveva ben amministrato le intemperanze dei giovanissimi strumentisti, qui direttore e orchestra appaiono trasformati e questa sinfonia - che dobbiamo confessare di non amare molto - viene accarezzata con una delicatezza che mette le ali all'invenzione tematica di Rachmaninov, togliendole il turgore eccessivo e lasciandole il calore e la passione. Così questa sinfonia si trasforma in una specie di suite di affascinanti momenti melodici, che trovano la loro giustificazione in loro stessi e fanno dimenticare la scarsa coerenza formale dell'insieme. Questa volta l'auditorium è un po' meno pieno che non la sera precedente, ma gli applausi non sono meno calorosi.
Per una serata intitolata "opera gala" hanno convocato Renée Fleming, la star del Metropolitan di New York, un tenore di prima categoria, Michael Schade, e un'orchestra di lusso, la Dresdner Philharmonie. Il programma, lunghissimo e ben congegnato, allinea brani in lingua italiana (Mozart e Verdi), tedesca (ancora Mozart e Léhar), inglese (Haendel, Gershwin e Berlin) e francese (Massenet) con contorno di estratti orchestrali. Renée Fleming è in gran forma: forse la voce è ancora un po' fredda nel primo Mozart, ma è già morbida e sensuale nella Semele di Haendel. Poi ampi estratti della Traviata: sembrerebbe avere tutto per Violetta, eppure le manca qualcosa e resta un tantino al di fuori del personaggio. Verdi non sembra il suo autore ideale, Massenet invece sì! In Manon è perfetta. Nella commedia musicale di Berlin è frizzante e spiritosa al punto giusto, si diverte e fa divertire. Schade è da manuale in "Dalla sua pace”, è un partner adeguato alla Fleming in Traviata e in Manon, gigioneggia che è un piacere in Dein ist mein ganzes Herz di Léhar. Però le cose migliori le fa l'orchestra, che è ottima nell'ouverture delle Nozze di Figaro e nell'Intermezzo di Cavalleria rusticana e assolutamente fantastica e travolgente nel valzer del Faust e nella Farandole dell'Arlesienne. Dirige il viennese Sascha Goetzel, un habitué della Volksoper, che in questi brani spumeggianti è come un pesce nell'acqua. Finale a sorpresa, con la fondatrice e direttrice artistica del festival Hoda Al Khamis-Kanoo che invita la giovanissima e intimidita Sara Al Qaiwani - la prima e per ora unica cantante lirica di Abu Dhabi, con studi a Londra e Roma - a salire sul palcoscenico e a esibirsi nel duetto dei pini delle Nozze di Figaro insieme alla Fleming. Una cosa del genere in Italia sembrerebbe provinciale, qui no, anzi si ammira il modo con cui vengono amorevolmente coltivati questi germogli. Finora ad Abu Dhabi non è mai stata rappresentata un'opera, ma evidentemente la passione per l'opera è già arrivata per altre vie, perché la sala è gremita e gli applausi calorosi, soprattutto per Verdi, che è uno dei pochi segni dell'Italia - oltre alle firme della moda nei grandi mall - che si notino in questa città così internazionale e così aperta all'occidente.
Il giorno dopo concerto dell'European Union Youth Orchestra, per la prima volta ospite di un paese arabo. Sul podio sta il suo direttore musicale Vladimir Ashkenazy e Gautier Capuçon è il solista nel Concerto op. 104 di Dvorák: il suo violoncello è elegante, capace di sfumature di grande delicatezza e pianissimi prodigiosi, ma non ha un suono particolarmente pieno e robusto, non può quindi dare il suo meglio in un concerto così esuberante e travolgente ed è spesso "coperto" dall'orchestra, lasciata libera da Ashkenazy di sfoggiare tutta la sua potenza di suono. Il concerto si era aperto con l'ouverture di Ruslan e Ljudmila di Glinka, che abbiamo ascoltato in versioni più smaglianti, e si è concluso con la Sinfonia n. 2 di Rachmaninov. Se prima Ashkenazy era sembrato poco coinvolto e non aveva ben amministrato le intemperanze dei giovanissimi strumentisti, qui direttore e orchestra appaiono trasformati e questa sinfonia - che dobbiamo confessare di non amare molto - viene accarezzata con una delicatezza che mette le ali all'invenzione tematica di Rachmaninov, togliendole il turgore eccessivo e lasciandole il calore e la passione. Così questa sinfonia si trasforma in una specie di suite di affascinanti momenti melodici, che trovano la loro giustificazione in loro stessi e fanno dimenticare la scarsa coerenza formale dell'insieme. Questa volta l'auditorium è un po' meno pieno che non la sera precedente, ma gli applausi non sono meno calorosi.
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A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln