Christian Wolff apre Angelica Festival a Bologna
Al Centro di Ricerca Musicale di Bologna il compositore con Robyn Schulkowsky e Joey Baron
AngelicA è sempre coerente a se stessa. Da un lato va a curiosare in ogni manifestazione della musica più trasversale dell’attualità, dall’altro non rinuncia a rivisitare con orgoglio la propria storia, ripresentando protagonisti già accolti con successo in tempi passati.
– Leggi anche: AngelicA, da Braxton ai Matmos
È questo il caso del concerto inaugurale della trentaduesima edizione del Festival Internazionale di Musica, che ha puntato i riflettori su Christian Wolff, compositore franco-statunitense ottantottenne già presente ad AngelicA nel 2013. Le sette composizioni in programma hanno coperto cinquantotto anni della sua attività, iniziata quando nei primissimi anni Cinquanta, giovanissimo, faceva parte della New York School al fianco di John Cage, Morton Feldman e Earl Brown. Ognuno dei lavori presentati, frutto di una decantazione che concentra in una sintesi unica lo sviluppo dell’idea ispiratrice, dipinge un paesaggio intimo ed evocativo, un momento autobiografico indagato con rigore e tranquillo distacco al tempo stesso.
In apertura Percussionist 5, scritto nel 2002 ma proposto in prima italiana, è stato affidato alla coesa professionalità di Robyn Schulkowsky alle percussioni e Joey Baron alla batteria, due performer che già da una quindicina di anni hanno intrapreso un affiatato sodalizio. L’esecuzione ha messo in evidenza la calibrata varietà delle percussioni della Schulkowsky, che fra l’altro ha realizzato al meglio quel senso melodico previsto in partitura, tendendo con le mani le membrane per raggiungere modulazioni sempre diverse.
Quanto a Baron, ha dialogato con una concentrazione e una misura estreme. Durante tutto il concerto ha impersonato una seriosità e una ponderatezza che difficilmente in passato ha manifestato in ambito jazzistico, sia quello d’avanguardia che quello più vicino alla tradizione mainstream.
Al pianoforte Wolff ha coagulato con tocco gentile e distaccato un’inedita selezione di suoi brani. Ogni episodio di Keyboard Miscellany si è rivelato aforistico e telegrafico per lo più su toni distesi e pensosi, ma altresì caratterizzato da un preciso senso dinamico e melodico; messi in sequenza ne è risultata una sorta di concatenata e autobiografica madley.
Ha poi fatto seguito la versione per pianoforte, percussioni e batteria di For 1, 2 or 3 People, che risale al lontano 1964. Il percorso intrapreso dai tre interpreti è stato frammentato da diafane rarefazioni, da un interplay strettissimo ma sospeso, da accenti puntillistici dal limpido senso timbrico. Sempre in trio, la prima esecuzione assoluta di Roulette ha evidenziato un andamento relativamente più movimentato, lasciando spazio a corposi e articolati interventi dei singoli, pur legati da una sinergica unità d’intenti.
Alla sola Schulkowsky invece è stata assegnata l’esecuzione della versione per percussioni di Exercise 32, composto nel 2011. Attraverso varie soluzioni strutturali, la parabola narrativa ha previsto improvvise, energiche progressioni a fianco di ripensamenti meditabondi e di situazioni più fragili, per concludersi con i sereni accenti di una melodia sul vibrafono. L’interprete ha perseguito un atteggiamento non proprio improvvisativo, ma comunque animato da una partecipazione umorale e da un evidente compiaciuto divertimento.
C’era attesa per la composizione commissionata da AngelicA e prodotta in collaborazione con il Conservatorio di Bologna. In Sveglia, per sette chitarre elettriche, varie modalità espressive si sono susseguite fra aggregazioni parziali, coesi collettivi, reminiscenze di musica antica, vivide e luminose accensioni, smorzamenti in frasi appena udibili, cadenzate reiterazioni all’unisono…
A conclusione del concerto è stato recuperato Exercise 10, scritto nel 1974, nella versione per sette chitarre elettriche, pianoforte e batteria. Si è assistito a una stretta compenetrazione fra il pianoforte quasi appartato di Wolff, che con diteggiatura asciutta ha tracciato le frasi portanti del dialogo, e le chitarre alonate e risonanti, che hanno costituito una sorta di sviluppo parallelo ma autonomo, di eco deformata e frastagliata in mille rivoli.
Questo appuntamento monografico ha aperto la programmazione cangiante di un festival che si protrarrà fino al 7 giugno, presentando anche gruppi e protagonisti appartenenti ad un’area creativa di derivazione jazzistica, tra cui il solo di Amaro Freitas, il trio di Brandon Seabrook, l’Orchestra Creativa dell’Emilia-Romagna con Ernst Reijseger, l’Anthony Braxton Saxophone Quartet.
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