Che musica fa l'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp?
L'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp allo Spazio 211 Torino
Si è tenuta giovedì 2 febbraio allo sPAZIO211 di Torino la prima delle otto date del tour italiano dell’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp, il variegato ensemble con base a Ginevra che avevamo già visto l'anno scorso a Novara Jazz.
Il piccolo palco del locale è stato messo a dura prova dai dodici musicisti, che hanno generato un traffico da orario di punta. Questa baraonda non ha fatto altro che inserirsi perfettamente nell’immagine fricchettona del gruppo, aumentando la simpatia e, a tratti, l’allegria della musica che rotolava giù dal palco.
Una piccola curiosità: lo sPAZIO211, storico locale torinese attivo dal 2003, ha visto passare sul suo palco la patafisica di Alfred Jarry grazie ai due concerti del 2013 e 2015 dei Pere Ubu e ora il Dada di Marcel Duchamp grazie all’Orchestra Onnipotente.
A questo proposito, l’appellativo Tout Puissant è un evidente omaggio alle orchestre africane: sono andato a cercare nella mia raccolta ed ecco saltar fuori l’Orchestre Tout Puissant Poly-Rythmo De Cotonou Dahomey, l’Orchestre Tout Puissant Likembe Konono n°1 del Congo e l’Orchestre Tout Puissant T.P.O.K. Jazz del Bénin.
Di fronte ad almeno 300 persone, i musicisti hanno cominciato come fanno tutte le orchestre, vale a dire accordando tra loro gli strumenti a corde, ma questa fase si è rivelata essere l’introduzione di “Be Patient”, il brano, sobrio e gentile, posto in apertura del loro ultimo disco We’re OK but We’re Lost Anyway – tra i nostri best of del 2021 –, preparazione ingannevole alla baldoria punk-jazz-dance che avrebbe fatto seguito.
La bellezza dell’idea alla base dell'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp è quella di destreggiarsi all’interno delle possibilità sonore offerte dalla loro miscela di strumenti a corde, a fiato, percussioni, chitarre, marimba, oltre a una mezza dozzina di voci che entrano ed escono, sorprendendo gli spettatori.
Il basso del compositore nonché bandleader Vincent Bertholet fornisce un punto di riferimento lungo tutto il concerto, permettendo alla musica di dispiegarsi intorno a esso. Ed è stata grande musica, anche grazie alla combinazione delle voci: lo stile folk di Liz Moscorola rinforzato da influenze dell’Europa orientale, in contrasto con l’"ingenuità" in un certo senso punk dello stile di Aby Vulliamy che riporta alla mente i nomi di Delta 5 e di Au Pairs, mentre l’energia R’n’B di Naomi Mabanda dà elettricità a qualsiasi pezzo in cui la sua voce sia presente. Naturalmente le tre suonano anche strumenti – violino, violino e violoncello, rispettivamente.
È stato impossibile resistere ai groove e dunque si è ballato molto, specialmente con l’orecchiabile “So We All”, con “So Many Things (To Feel Sorry About)” e nella parte finale dell’esibizione, quando OTPMD ha surfato con abilità su poliritmie africane memori dei Talking Heads di Remain in Light o, più recentemente, di LCD Soundsystem, memori a loro volta dei Talking Heads di Remain in Light.
L’energia del gruppo è stata contagiosa e la disponibilità messa in mostra ha contribuito al buonumore che si avvertiva nella sala. Come dicono gli inglesi, una serata feel-good.
Parafrasando il titolo del suo album, OTPMD può anche essersi persa – ma all’ascolto non si direbbe – ma senza dubbio è OK. All’uscita un amico mi ha chiesto: «Ma alla fine tu hai capito che musica fanno questi?». «Certo, musica bella, buonanotte».
«So while we are together/we all sing …» - So We All
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