A Bruxelles debutta Eden della DiDonato
Il lancio della tournée mondiale dedicata al nuovo disco di Joyce DiDonato con il Pomo d’Oro
Un programma musicale affascinante, uno spettacolo non ancora del tutto messo a punto. Per il lancio del suo nuovo lavoro Eden, uscito lo scorso 25 febbraio, il mezzosoprano americano Joyce DiDonato ha scelto il Bozar di Bruxelles, prima tappa di una lunga tournée che la porterà in 45 paesi in giro per il mondo. Un progetto che coniuga la promozione del cd con workshop per contribuire all’educazione musicale dei giovani, a Bruxelles con la Chorale Equinox, ed anche l’offerta al pubblico alla fine dello spettacolo di semi di specie locali da piantare.
La natura, la sua forza e delicatezza insieme, il nostro rapporto con lei e la sua influenza su di noi, sono infatti al centro del percorso musicale proposto dalla DiDonato con la scelta di brani meno noti, dal contemporaneo al barocco passando per il periodo classico e il romanticismo. Ad affiancarla l’ensemble il Pomo d’Oro, specialista del repertorio barocco e classico, con sul podio il giovane maestro russo Maxim Emelyanychev.
Le luci si spengono e, nel buio totale, il primo brano, “The Unanswered Question” scritto nel 1908 dell’americano Charles Ives, con gli archi che evocano un universo calmo e apparentemente imperturbabile, mette in stato d’attesa, ed arrivano la tromba e la voce della cantante a interrogare l’universo, senza risposta. Segue “The First Morning of the World” della compositrice britannica, presente in sala al Bozar, Rachel Portman, la prima donna ad avere ricevuto nel 1997 l’Oscar per la migliore musica per il film Emma. Il suo è un delicatissimo e assai suggestivo inno alla bellezza della natura primordiale.
Un debutto di grande presa che viene però disturbato da intoppi nel meccanismo scenico, due grandi cerchi che la DiDonato deve ricomporre e che poi gireranno intorno a lei, problemi che la cantante affronta con humor e sangue freddo ma che purtroppo continuano a rompere la magica atmosfera che la parte musicale crea ed innervosiscono inevitabilmente anche l’artista che, forse per questo, si è pure interrotta alla fine avendo dimenticato le parole, può succedere.
Comunque, alla fine applausi scroscianti, ma nessuno durante la performance, un tempo unico di un’ora e mezzo senza intervallo. La DiDonato non ha un momento di riposo, voce sempre bella, con acuti luminosi e note basse piene e risuonanti, grande piglio interpretativo, intensa, non solo ottima nel repertorio barocco per cui è famosa ma in tutto il percorso.
Ha scelto brani di provenienza temporale e anche geografica diversi, passando dagli italiani del primo Seicento Biagio Marini e Giovanni Valentini, con la sua modernissima per l’epoca “Sonata enharmonica” al limite della dissonanza, ai di poco successivi Marco Uccellini e Francesco Cavalli, di quest’ultimo proponendo “Piante ombrose” da La Calisto. E siamo già verso il Settecento con il tedesco Händel a Londra e al boemo Josef Mysliveček, rispettivamente con arie dagli oratori “Theodora” e “Adamo e Eva”.
Il percorso non è cronologico ma piuttosto un alternarsi di gaiezza e malinconia, di calma e di furore, intramezzati anche da arie di Gluck e pure di Mahler e Wagner, dai loro rispettivamente “Rückert” e “Wesendonck” Lieder. Una selezione di brani raffinata e interessantissima, che rivelano anche la duttilità dell’artista nei diversi stili.
A fine concerto la giovanissima Chorale Equinox di Bruxelles si è esibita con lei per il bis, pure questo un momento che bisognava ancora di maggiore messa a punto anche da un punto di vista visivo. Un plauso infine a tutti musicisti del Pomo d’Oro e anche alle luci d’effetto di John Torres.
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