Berchidda spirit
Il festival Time in Jazz nelle location en plein air ritrova il suo spirito sperimentale, intimo
Recensione
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Berchidda è un paese di tremila anime nell'interno della Sardegna, tra Nuoro, Sassari e Olbia: ha una particolarità, perché mentre finiva l'era eterna dei pastori e dei tenores qui è nato Paolo Fresu, che alle sue radici è sempre stato pur girando per il mondo con la sua tromba e il suo flicorno; qui da 21 anni ormai fa Time in Jazz, festival sperimentale, eccentrico, fraterno. Quest'anno il tema sono le "Arkitekturae", tra musiche, film, danza, arte collaterali. Un festival che ogni sera sul main stage in piazza fa il pieno di 2.000 spettatori colti ritrova se stesso nei concerti in chiesette nella piana assoluta alle 11 di mattina, o nel gentile tramonto delle 18. Lì la gente si raccoglie su un prato intorno a uno Steve Coleman in stato edenico con i suoi Five Elements unplugged, gorgheggianti all'infinito tra brezze e fluttuanti armonie strutturaliste; o accalcandosi affettuosamente intorno all'euforico pot-pourri di Uri Caine, swinger dalle oceaniche risorse, natante nel suo libro sterminato di trascrizioni manieriste; o vicino all'inquieto Ernst Reijseger che con il suo strapazzato violoncello molesta ingelosito la perfezione mistica e autosufficiente del "cuncordu" dei Tenores de Orosei tra i lecci e i corbezzoli della foresta del Monte Limbara. La sera, sul palco, Giovanni Sollima scherza con i fratelli violoncelli di Reijseger e della classicissima Larissa Groeneveld (che ha fatto Bach e Britten tra le caprette la mattina), Uri Caine e Paolo Fresu duettano con tutto: canzoni, Monteverdi e Haendel; è il Berchidda spirit...
Interpreti: Steve Coleman, Uri Caine, Ernst Reijseger, Giovanni Sollima, Paolo Fresu
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