Beethovenfest I

A Bonn "Ludwig lives!"

Recensione
classica
Tra i luoghi dove il Beethovenfest di Bonn si diletta a proporre musica del grande Ludwig e non solo al proprio pubblico, vi è anche il delizioso e minuscolo auditorium ricavato nei pressi della casa in cui nacque il compositore. Una sala ad anfiteatro dove circa un paio di centinaia di persone possono ascoltare i concerti come in una sorta di salotto domestico, avendo gli interpreti a pochi metri di distanza. E a fare le veci dei padroni di casa, ieri sera, Nicolas Altstaed e Alexander Lonquich si sono presentati con appropriata semplicità a degli ascoltatori composti ma non irrigiditi in un atteggiamento da rito sacro. “Ludwig lives!”, lo slogan che campeggia in molte vetrine di Bonn, significa anche avere una prospettiva che ricerca in varie direzioni la stessa modernità di pensiero che caratterizza gran parte della produzione di Beethoven. Il programma della serata accompagnava dunque lungo il percorso da questi compiuto nelle prime tre sonate per violoncello e pianoforte, inserito però in una visione di modernità ‘alla francese’, rappresentata dai nomi di Gabriel Fauré e Nadia Boulanger. Incantevoli – tra l’altro – proprio i tre pezzi della musicista francese, scritti nel 1914, dove i due interpreti hanno riproposto ottimamente l’atmosfera sognante del primo e la spettacolarità dell’ultimo. L’ambiente raccolto ha permesso a Lonquich e Alstaed di non forzare mai le sonorità: se il pianista che ha dato veramente una prova di raffinata maturità interpretativa, Alstaed ha potuto dunque giocare su una cantabilità spesso intima, una sorta di espressività interiore che però non di rado è sconfinata in un dinamica soffusa un po’ priva di carattere. E dire che il suono certo non gli mancava, ma a soffrire in parte di questa scelta esecutiva è stato proprio il musicista nato a pochi metri dalla sala, perché anche Lonquich si è dovuto adeguare e propendere a volte per un pianismo più adatto a Debussy che a Beethoven. Questi tuttavia sono dettagli che non mutano l’elevato livello musicale della serata, con un’entusiasmante op. 69, proposta all’insegna di un classicismo asciutto e, proprio per questo, estremamente elegante e moderno. Ludwig vive.

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