Beethovenfest 2018: l'uomo e il Destino
Nel programma del festival di Bonn anche diversi appuntamenti con il suono degli strumenti originali
Circa un mese di concerti e di altri eventi per il Beethovenfest 2018 (quasi una sessantina in tutto, a Bonn e nelle località limitrofe), all’insegna del "motto" scelto per quest’anno: Schicksal, ovvero il Destino, il fato o meglio ancora la Fortuna della civiltà romana. Non è un caso che il programma del Beethovenfest si sia aperto con un concerto – lo scorso 31 agosto, con l’Orchestre Philharmonique de Radio France diretta da Mikko Franck – in cui è stata presentata forse l’opera più immediatamente collegabile a questo tema, quella Quinta Sinfonia che Beethoven fa iniziare col famoso tema in cui sembra riecheggiare il destino che bussa alla porta dell’artista.
«Scelgo ogni anno il "motto" – ha spiegato Nike Wagner, direttrice artistica – in modo che il pubblico possa seguire più agevolmente la proposta complessiva del festival. Il concetto di Schicksal – una bella espressione in italiano credo sia La forza del destino… – è veramente vicino a Beethoven, a cominciare dalla sua vita privata, segnata dalla malattia che lo portò alla sordità, privandolo della possibilità di ascoltare i suoni che componeva ma anche rendendolo più isolato nelle relazioni sociali. E questo, specie nelle opere più tarde, lo ha reso più radicale nelle sue scelte artistiche. In qualche modo il messaggio ancora attuale di Beethoven riguardo al destino con cui ogni uomo si confronta, è proprio quello di non arrendersi mai, bensì di continuare a lottare per i propri ideali».
Tra le linee guida su cui si è sviluppato il calendario di quest’anno – tra cui quella che ha portato agli importanti appuntamenti pianistici con artisti del calibro di András Schiff e Dénes Várjon, ma che ha anche visto il debutto a Bonn di Alberto Ferro, vincitore lo scorso dicembre del concorso internazionale Telekom-Beethoven – merita di essere segnalata quella dedicata all’Originalklang, una sezione in cui i protagonisti sono stati gli strumenti d’epoca e gli esecutori che li utilizzano, per ricordare, in questa edizione, anche quel Niederrheinische Musikfest, manifestazione musicale nella Renania meridionale che vide la propria nascita esattamente duecento anni fa.
Nelle giornate conclusive del Beethovenfest, i concerti dell’Ensemble Cristofori (lo scorso 20 settembre), diretto da Arthur Schoonderwoerd, e dell’orchestra Les Siècles (il 22 settembre), diretta da François-Xavier Roth, hanno offerto agli ascoltatori l’occasione di ascoltare la musica di Beethoven e di Berlioz proposta con strumenti originali, una possibilità interessante per riconsiderare sotto una nuova luce alcuni tra i brani più importanti della letteratura del secolo XIX.
Dopo essersi aperto con la Sinfonia in fa minore Hob. I n. 49 di Haydn il programma presentato da Schoonderwoerd insieme all’Ensemble Cristofori si è temporaneamente spostato su una dimensione cameristica, grazie al delizioso Trio per flauto, violoncello e pianoforte op. 63 di Carl Maria von Weber, per poi concludersi – piatto forte della serata – col Quarto concerto per pianoforte e orchestra del grande Ludwig. Nella raccolta Kleine Beethovensaal, Schoonderwoerd ha saputo sottolineare, sedendo alla tastiera di un fortepiano viennese originale, tutte le sfumature che la partitura offre in termini non solo di dinamica ma anche per quanto riguarda i colori orchestrali. La scrittura del penultimo dei cinque concerti composti da Beethoven si adatta abbastanza bene a un’esecuzione più cameristica, quale quella che un complesso nel quale gli archi suonavano a parti reali poteva proporre, e complessivamente il direttore e solista olandese è stato convincente soprattutto nel mettere in risalto la cantabilità di molte delle linee melodiche affidate al pianoforte. Il risultato sonoro complessivo – in linea con quello dell’epoca di Beethoven, anche se talvolta privo dell’energia che il musicista riesce a infondere nella sua musica – è stato sicuramente interessante. Ma ancora una volta ha messo in evidenza quanti siano gli interventi che vengono fatti nelle produzioni discografiche, per amplificare o modificare gli equilibri tra gli strumenti.
Di grande fascino l’interpretazione de La damnation de Faust op. 24 di Hector Berlioz, offerta da François-Xavier Roth alla guida della formazione da lui fondata, Les Siècles, del Coro Filarmonico Ceco di Brno e di alcuni solisti di ottimo livello. Di questa leggenda drammatica in quattro atti Roth ha evidenziato tutta la forza espressiva ma soprattutto ne ha sfruttato il carattere innovativo di lavoro a metà tra l’opera e l’oratorio per mettere in luce tutte le caratteristiche più peculiari della scrittura del francese. Qui sicuramente l’uso degli strumenti originali ha esaltato non solo la bellezza di molti effetti orchestrali ma anche l’indole rivoluzionaria di Berlioz, che specie nei grandi affreschi come questo sperimentò nuove combinazioni timbriche e sfruttò fino al limite le potenzialità di ciascuno strumento. Con una sapienza compositiva che è testimoniata dal suo Traité d’instrumentation, un testo pubblicato nel 1844 ma rimasto di riferimento per generazioni di musicisti. Di grande carattere l’apporto dato dal coro di Brno, che si è inserito con grande duttilità nella perfetta intesa che il direttore francese aveva con i musicisti del suo gruppo. Una eccellente interpretazione anche quella offerta dai solisti, Anna Caterina Antonacci nel ruolo di Marguerite, Bryan Register in quello di Faust e Kyle Ketelsen in quello di Méphistophélès, con un particolare encomio per quest’ultimo, la cui calda voce baritonale è stata sempre un gradino al di sopra degli altri cantanti nel superare le difficoltà che, indubbiamente, l’acustica della sala del World Conference Center Bonn poneva. Del resto si tratta di una sede provvisoria per i concerti, il Beethovenfest attende infatti il restauro della Beethovenhalle – alla quale ha dovuto rinunciare già lo scorso anno – che sarà ultimato per il 2020, in tempo per festeggiare il Beethoven-Jubiläum, i 250 anni dalla nascita dell’illustre musicista nato a Bonn.
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