Alla fiera musicale dell’Europa dell’Est
Il polacco Nesterowicz ha guidato con brillante essenzialità l’Orchestra Haydn tra pagine di Kilar, Górecki, Kodály, Bartók e Ligeti
È stato un viaggio musicale in un’Europa dell’Est al tempo stesso brillante ed essenziale quello proposto dall’Orchestra Haydn nelle tre tappe di Merano (29 novembre), Bolzano (30) e Trento (1 dicembre).
Da quanto abbiamo potuto ascoltare nella centrale tappa bolzanina, Michał Nesterowicz – direttore polacco che abbiamo conosciuto attraverso incisioni discografiche per le etichette Naxos (musiche di Meyerbeer) e Channel Classics (musiche di Shostakovich, Weinberg e Lutoslawski, con il violoncello di Nicolas Altstaedt) – ha guidato la reattiva compagine strumentale di Bolzano e Trento attraverso una lettura asciutta e ben tratteggiata di un repertorio raccolto in un impaginato interessante e originale.
La serata ha preso le mosse dalle minacce minimal-ripetitive lanciate dalle prime battute di Orawa, brano del 1988 del polacco Wojiech Kilar, compositore conosciuto anche per aver firmato numerose colonne sonore per film di registi quali, tra gli altri, Roman Polanski (La morte e la fanciulla, La nona porta, Il pianista), Francis Ford Coppola (Dracula di Bram Stoker) e Jane Campion (Ritratto di signora). Dopo le iniziali sovrapposizioni timbrico-reiterative, la tessitura musicale si è distesa coinvolgendo una compagine orchestrale attenta nel restituire gli intrecci melodici che alimentavano lo sviluppo di una partitura che si nutriva ora di un’accurata scrittura strumentale ora di sapidi rimandi folklorici.
Un carattere, quello legato alle tradizioni popolari, che il successivo brano Trzy utwory w dawnym stylu (Tre pezzi in stile antico, 1963) di Henryk Górecki ha ribadito attraverso una visione compositiva comunque differente, sviluppando in questo caso un discorso musicale che ha trovato la sua formulazione al tempo stesso pregnante ed essenziale in un andamento discorsivo nel complesso equilibrato.
In questo contesto, il Béla Bartók delle Danze popolari rumene (1915 – 1918) ha rappresentato quasi un’oasi di spessore espressivo dal sapore “classico”, con una densità di scrittura capace di miscelare un’originale tessitura strumentale con innesti dalla genuina ascendenza popolare. Un carattere musicale attraversato a una pregnante espressività, che l’orchestra Haydn ha saputo restituire con assertiva coerenza strumentale.
Un carattere confermato anche nella lettura compatta e brillante offerta delle pagine Nyári este (Sera d’estate,1906-1930) dell’ungherese Zoltán Kodály e dal gusto insolito del Concert Românesc (1951) del connazionale György Ligeti, brani tratteggiati con un segno interpretativo più connotato impresso da un Michal Nesterowicz qui armato di bacchetta e che ha privilegiato in questa seconda parte del programma un passo ritmico nitidamente più scandito.
Alla fine bel successo confermato dagli applausi convinti del pubblico presente all’Auditorium di Bolzano.
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