Alcidor di Spontini, ma non solo, al Festival Pergolesi Spontini
Dell’ opera sono state eseguite alcune pagine, in prima esecuzione moderna
Nel generale fermento delle celebrazioni pucciniane del 2024 è d’uopo ricordare che ricorrerà nello stesso anno anche l’anniversario di un altro musicista, Gaspare Luigi Pacifico Spontini, nato nel bel borgo marchigiano di Maiolati, poi Maiolati Spontini, in suo onore, duecentocinquant’anni fa.
Compositore davvero poco eseguito in Italia e all’estero, per motivi sia di scarsa conoscenza delle opere giovanili che di difficile esecuzione di quelle della maturità, Spontini attende ancora di essere riportato sui palcoscenici e di essere valorizzato per quello che realmente è, un compositore che nonostante i suoi contatti con il regime, e anzi grazie a quelli, fu un artista all’avanguardia, sperimentatore di nuovi modelli teatrali ispirati alla grandiosità e alla magniloquenza che preannunciarono il grand-opéra o opéra historique vent’anni prima del boom di questo genere, così come di inedite e massicce compagini orchestrali.
In vista di questa ricorrenza la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, nell’ambito del Festival Pergolesi Spontini, non poteva perdere l’occasione di proporre alcune pagine da Alcidor, zauberoper in tre atti su libretto di Marie-Emmanuel-Guillaume Théaulon de Lambert e Charles Nuteley, rappresentata per la prima volta il 23 maggio 1825 alla Königliches Opernhaus di Berlino, in tedesco, per celebrare il matrimonio tra Federico d'Orange-Nassau e Luisa di Prussia, figlia del re Federico Guglielmo III di Prussia. L’opera fu rappresentata poche altre volte negli anni immediatamente successivi e poi cadde nell’oblio. Nel 2022 la Fondazione Pergolesi Spontini ne ha intrapreso il lavoro di revisione critica, a cura di Cristian Carrara, direttore artistico della Fondazione, Marco Attura e Gianluca Piombo, che conta di terminare nel 2024 e che permetterà di disporre della partitura integrale, delle parti orchestrali e dello spartito canto-piano per una futura messa in scena dell’opera.
Il lavoro si concentra sul manoscritto della partitura conservata a Berlino, di cui esiste anche una curiosa versione canto-piano italiana dei primi del 1900. Altra curiosità è che la prima versione del libretto era in francese, e di essa ne esiste una copia donata alla Biblioteca Planettiana di Jesi da Carl Robert nel 1889, con annotazioni autografe dello stesso compositore. Si tratta come si diceva di una zauberoper, (o opéra féerie, come si trova scritto sul manoscritto di Jesi) di soggetto fantastico, tratto da una fiaba della versione francese di Le mille e una notte, secondo il gusto tipicamente romantico per il soprannaturale e la magia, dallo Zauberflöte mozartiano, ai racconti di E.T.A. Hoffmann, al Freischütz di Carl Maria von Weber. La storia vede trionfare l’amore tra Alcidor e Selaide, trasposizioni teatrali di Federico d'Orange-Nassau e Luisa di Prussia, nonostante re, genii, silfidi, maghi e regine, gnomi, spade magiche, incantesimi e maledizioni si oppongano al suo coronamento.
Il 23 settembre, dunque, nell’ambito del Festival, sono stati eseguiti brani da tutti e tre gli atti dell’opera, che ha dimensioni monumentali e che prevede molti cori e balli, e una enorme compagine orchestrale: quattro arie, due duetti e un terzetto più un brano solo orchestrale destinato alla danza. Il tenore Younggi Moses Do e i due soprani Ozce Durmaz e Maria Krylova hanno interpretato con grande sicurezza le difficili parti vocali, che richiedono un notevole impegno per l’agilità e la duttilità richieste alla voce, e per i frequenti passaggi di registro e i pochi momenti di riposo concessi in linee vocali fitte di note. L’effetto musicale è stato però davvero bello, sia per la qualità delle voci, tutte e tre di grande qualità timbrica ed espressiva, con una nota di merito particolare per Do, sia perché si tratta di musica molto complessa ed elaborata, dallo stile eloquente, a volte brioso ed altre elegiaco; l’ aria è sempre in forma durchkomponiert e in un caso (Wüste voll Graunen) la abbiamo sentita confluire nel terzetto. I cantanti erano accompagnati al pianoforte da Gianluca Piombo e si sono esibiti nella Chiesa di Santo Stefano di Maiolati, il cui organo Callido è protetto da una splendida cantoria di legno intagliato in stile barocco rococò donata alla chiesa dallo stesso Spontini.
Questo concerto, così come altri eventi collaterali dedicati a Spontini, tra cui la presentazione del libro Gaspare Spontini. The Berlin years a cura di Fabian Kolb e Alessandro Lattanzi per LIM Libreria Musicale Italiana, che raccoglie i contributi presentati in due convegni su Gaspare Spontini nel 2015 e nel 2018, anticipano le celebrazioni spontiniane del 2024, di cui trapela già qualche notizia, come una nuova produzione di Vestale.
Il concerto spontiniano è stato senz’altro l’appuntamento di maggior rilievo musicologico del Festival appena concluso, che ha presentato una serie molto variegata di eventi di carattere diverso, ma tutti ispirati al tema della divulgazione culturale e dell’attenzione verso il sociale: aspetto anche questo in qualche modo legato alla figura del compositore, che aveva l’abitudine di organizzare ogni anno un “concerto spirituale”, devolvendo l’incasso “per una cassa di soccorso in pro’ de’ membri del teatro poveri”, e che donò i suoi averi per la costituzione di una fondazione delle Opere Pie Spontini, ancora oggi esistenti.
Tra gli eventi, il concerto “spirituale” del pianista Roberto Prosseda per gli ospiti della Comunità terapeutica residenziale e di reinserimento sociale Algos, con i brani più conosciuti di Mozart, Mendelssohn, J.S. Bach, Schubert, Schumann, nell’intento di portare la musica nei luoghi dove c’è sofferenza e necessità di bellezza; e lo straordinario spettacolo di Social Opera dal titolo “Id Identità desiderate”, ispirato al Barbiere di Siviglia di Rossini.
Social Opera è uno spettacolo di teatro e danza, curato dalla Fondazione da dodici anni, che vede protagonista la compagnia OperaH, un gruppo di persone con disabilità fisica/intellettiva e, dietro le quinte, gli studenti delle scuole cittadine, impegnati nella progettazione di scene, costumi, luci e contenuti multimediali grazie al parallelo progetto PCTO “Banco di scena”. La realizzazione dello spettacolo, che impegna attori ed operatori per un anno, mette in rete servizi sociali, scuole e enti culturali del territorio per costruire insieme percorsi di inclusione e benessere attraverso la danza, la musica, il teatro, l’educazione al melodramma e l’esperienza del palcoscenico. Lo spunto dello spettacolo è sempre una delle opere in programma nella stagione lirica del Teatro Pergolesi di Jesi, rielaborato e liberamente interpretato. Del Barbiere di Siviglia rimangono il temporale, che ispira una danza con gli ombrelli, e la sedia del barbiere, che attraverso la fantasia darà vita all’ “archivio delle identità desiderate”, permettendo a ciascuno di esprimere chi è, come si immagina e come vorrebbe essere: bella come una modella, forte come Hulk, innamorata come una sposa. Il tema dell’amore, quello contrastato che è motore dell’opera rossiniana, e quello della sessualità, così delicati e di fatto negati nelle persone con disabilità, sono tra le tematiche che coraggiosamente vengono affrontate in questo spettacolo e che creano scene di pura poesia. Inutile dire la commozione, la meraviglia, il coinvolgimento emotivo fortissimo che questo spettacolo, con la regia di Simone Guerro e Arianna Baldini, e danza terapia a cura di Sara Lippi e Beatrice Guerri, ha saputo regalare al pubblico. Nel 2022, “OperaH” ha vinto il “Premio nazionale Inclusione 3.0” ed è stato segnalato dall’Università di Macerata come “caso studio”.
Tra gli altri appuntamenti del Festival anche il concerto Ottantotto tasti che ha visto protagonisti la pianista Alexandra Pavlova e Cristian Carrara in un concerto-racconto ispirato a Chopin e alla sua relazione con George Sand. Una formula inedita che ha coniugato musica, analisi musicale e biografia del compositore con intento divulgativo oltre che artistico: la Pavlova, di cui si è apprezzata la trasparenza del tocco nei pianissimi e la intelligenza dell’interpretazione, che più di una volta ha fatto emergere voci interne solitamente non evidenziate, ha eseguito alcuni tra i brani più celebri di Chopin con trasporto e sentimentalismo - e a questo proposito i rubati a volte erano eccessivi, e qualche basso anticipato rispetto alla melodia..- ma andava tutto bene, perché era dell’accezione più comune di Chopin che si parlava, quello romantica e sentimentale, qui legata alle sue vicende biografiche.
Molti sono stati anche gli appuntamenti dedicati ai più piccoli, come le cacce al tesoro musicali, o quelli rivolti alla valorizzazione del territorio, come i wine concert, e molti i concerti riservati a giovani interpreti emergenti.
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