Seguo i concerti di AngelicA da molti anni oramai: tra il festival (in arrivo la trentacinquesima edizione, dal 30 aprile al 31 maggio: il programma è in arrivo qui) e le stagioni (siamo giunti all’undicesima) del centro di ricerca musicale ho maturato una pletora di esperienze formative che, vissute prima da semplice ascoltatore, hanno poi dato impulso e postura al mio modo di intendere il lavoro di critico.
Una volta si diceva “l’immaginazione al potere”. Rituali dove quella che Sant’Agostino definiva “la nostra mente smaniosa di udire” depone le armi, smette di affannarsi a cercare significati, abbandonandosi al glorioso mistero del senso, del suono.
Abbiamo parlato di questo e di molto altro con il deus ex machina di questa macchina non replicabile, selvatica e complessa, che risponde al nome di AngelicA: Massimo Simonini.

Qual è stata l'idea iniziale che ha dato vita alla rassegna, e come è cambiato il suo percorso negli anni?
«AngelicA nasce con l’intento di parlare di – e presentare – MUSICA che in Italia aveva uno spazio marginale. Unire mondi distanti tra loro, senza etichette. Negli anni Ottanta e Novanta gli appassionati dovevano viaggiare all’estero per comprare dischi e assistere a concerti. Abbiamo offerto una panoramica di ciò che accadeva musicalmente nel mondo».
Nel contesto musicale italiano, come vedi il ruolo del Festival in relazione ad altre rassegne che si occupano di musica contemporanea e d'avanguardia?
«Un’AnomaliA? AngelicA è riuscita a mantenere una dimensione di ricerca, fuori dalla routine della musica italiana, pur operando e collaborando con istituzioni dedite solo alla tradizione, al passato, attraversando ogni tipo di spazio e contesto (teatri comunali, spazi occupati, piazze, processioni per strada, musica su treni, cimitero monumentale, ad esempio) dialogando con tutti e con modalità inusuali. Era più importante il progetto che si cercava di fare delle discussioni necessarie per arrivare alla realizzazione. Ha da sempre commissionato opere (tra cui due a Stockhausen nel 2006 e 2007 mentre era vivente!) e sviluppato progetti originali che mettevano insieme musicisti, storie e orchestre di provenienza diversa e progetti dal carattere internazionale. Abbiamo sempre cercato di esplorare e di incoraggiare la ricerca, anche a costo di sfidare le convenzioni».
Quali sono le principali sfide che affronta oggi un festival che promuove la musica eterodossa in Italia?
«In un paese dove quasi tutte le principali istituzioni musicali, con le relative orchestre, si occupano solo di musica del passato, trascurando completamente i compositori viventi e la musica di ricerca, è facile immaginare cosa si potrebbe fare per migliorare anche solo un po’ la situazione. Per esempio sarebbe necessaria una "modern orchestra" dedicata esclusivamente alla musica contemporanea. La musica d’arte che si fa oggi nel mondo non è parte della normalità in Italia. Nonostante alcuni segnali positivi, come i bandi nazionali per i giovani artisti, oppure i bandi della Regione Emilia-Romagna per le produzioni, la musica di ricerca non può emergere come meriterebbe. Le risorse sono limitate e le istituzioni non la supportano abbastanza. E, attenzione, parlo di musiche che in altre città europee hanno un seguito importante e non sono ritenute marginali, anzi.
Quale pensi che debba essere il ruolo della musica nelle società contemporanee?
«Apertura-incontro-scambio tra diversità, tra tradizioni e tra avanguardie».
«Apertura-incontro-scambio tra diversità, tra tradizioni e tra avanguardie».
«Mario Zanzani scriveva: “Aprire la musica al pubblico e il pubblico alla musica”, e aggiungo: andare oltre se stessi, oltre i nostri rispettivi confini, con la BUONA musica si può».
Angelica ha sempre avuto una forte vocazione internazionale. Come selezioni gli artisti e quali criteri consideri per invitare chi sarà parte del festival? Ci sono dei temi o delle linee guida che ispirano la programmazione di ogni edizione?
«AngelicA cerca un equilibrio tra le tante e diverse espressioni musicali, mettendo insieme mondi ancora troppo distanti tra loro. Da 15 anni, inoltre, molti curatori partecipano alla costruzione del programma, portando idee e visioni diverse. In questo contesto, io svolgo anche un ruolo di coordinamento (artistico), cercando di mantenere una visione coerente del programma e dei costi».
Qual è, secondo te, la situazione attuale della cultura in Italia e quali sono le soluzioni che potrebbero aiutare la crescita e la sostenibilità di eventi come il Festival?
«La situazione della cultura musicale in Italia è critica, e non da oggi, ma da quando pratico questo mestiere: le risorse sono scarse e i costi sono aumentati notevolmente. Non vengono sostenute adeguatamente le produzioni musicali. Alcune soluzioni includono il finanziamento adeguato di centri di ricerca e spazi alternativi, l’inclusione di opere di compositori viventi nei programmi delle orchestre, il sostegno agli ensemble e musicisti di ricerca, e l’apertura dei teatri comunali a progetti internazionali. Inoltre, l’educazione musicale deve includere la musica di ricerca fin dalla scuola e dai conservatori, formando una nuova generazione di ascoltatori e musicisti, docenti compresi».
Quali sono le prospettive dal tuo punto di vista? Ci anticipi qualcosa sul prossimo festival?
«Il futuro di AngelicA dipende anche dalla risposta delle istituzioni e dalle risorse disponibili. Ci sono tante idee ma realizzarle è complicato anche dopo 35 anni di storia e invece tutto dovrebbe essere più semplice e più aperto. Continuiamo a lavorare per mantenere viva la ricerca, offrendo uno spazio internazionale per la musica contemporanea. E poi sto lavorando a un progetto che includa altre visioni e storie, intravedo qualcosa».
«Il programma di questo trentacinquesimo anno del festival aprirà con Charlemagne Palestine & Rhys Chatham in TWO forrrrr AngelicA a Bologna e proseguirà a Modena con Rhys Chatham direttore di A SECRET ROSE for 35, un concerto per 33 chitarre elettriche, Myriαm Stαmoυlis al basso elettrico e Jonathan Kane alla batteria».
«E poi, dentro un flusso di 18 concerti in 15 giorni, arriva in residenza Iancu Dumitrescu & Hyperion International Ensemble, un altro outsider della musica contemporanea, con un programma in prima assoluta preparato per AngelicA; Walter Rovere è il curatore di questo progetto (e collaboratore di AngelicA da molti anni)».
«E per i dischi di AngelicA arriva un triplo disco che penso sorprenderà chi pensava di conoscere quel musicista solo per quello che ha fatto e per come lo si conosce. Come per la musica, quando battezzi qualcuno o qualcosa ti perdi la possibilità di essere sorpreso e conoscere meglio chi hai davanti, e chiudi te stesso e l’altro nell’illusione del giudizio».