Firenze: Butterfly secondo Gatti
L’ispirata concertazione di Daniele Gatti, lo spettacolo firmato da Lorenzo Mariani, un ottimo cast capeggiato dalla toccante Cio-Cio-San di Carolina Lopez-Moreno assicurano il trionfo del nuovo allestimento del capolavoro di Puccini
Il centenario pucciniano non poteva avere una celebrazione migliore nel maggior teatro fiorentino di questa Butterfly che ha riscosso in tutte le sue componenti, musicali e visuali, un successo memorabile, in una sala strapiena e completamente avvinta dalla musica e dallo spettacolo, bissando e diremmo superando l’esito della Tosca qui diretta da Gatti qualche mese fa.
Cominciamo allora proprio da Daniele Gatti, che, come più volte ricordato sul GdM da chi scrive, noi a Firenze stiamo per perderlo come direttore principale, ma resta la speranza che anche in futuro trovi qualche posto nella sua agenda per questo teatro, quest’orchestra e questo pubblico che alla fine di questa Butterfly ha dato ancora dimostrazione di quanto lo apprezza e ama. Gatti ha infatti dato il meglio di sé in questa che è la partitura più delicata di Puccini, ma anche la storia più tragica che il grande compositore lucchese abbia concepito, giustamente aderendo alla visione più attuale di un Puccini “modernista”, che si distingue dalle strategie compositive della Giovane Scuola e che tiene le orecchie aperte su ciò che succede nella musica in Europa. Ciò era evidente dall’attenzione che questo direttore dalle raffinate e originali rifiniture poneva in molti momenti ai colori delicati e per dir così debussyani, a certe aggregazioni armoniche e timbriche. Ma poi, quando si tratta di dirigere bene Puccini, bisogna saper governare, graduandola con maestria, l’onda lirica che si espande in tutte le sue fasi, dall’inciso sommesso all’inebriata o tragica apice di certi momenti, e, sotto questo profilo, diremmo che non avevamo ascoltato da chissà quanto, ad esempio, un’esecuzione più convincente del lungo duetto d’amore che chiude il primo atto, per non dire dell’Intermezzo che fa da ponte e collegamento fra secondo e terzo atto e di cui Gatti e l’orchestra hanno dato un’esecuzione davvero splendida.
Lorenzo Mariani e il suo team (scene di Alessandro Camera, costumi di Silvia Aymonino, luci di Marco Filibeck) creano con essenzialità, giocando su tre colori, bianco, rosso, nero, una Butterfly visivamente elegante fatta di veli e ombre e pochi semplici arredi, ma questa essenzialità, attentamente calibrata ma anche molto capace di comunicare (pensiamo all’apparizione in rosso totale di Cio-Cio-San contro i veli bianchi), è profondamente riscaldata da una regìa che approfondisce in modo ben studiato, pienamente realizzato dalla recitazione, cose importanti e in genere non così approfondite, come il rapporto fra la protagonista e la fedele Suzuki, o la superba sicurezza prossima al disprezzo della signora Pinkerton. Ottimo ci è sembrato anche il cast, con Carolina Lopez-Moreno, Cio-Cio-San di impostazione delicata e di peso vocale più lieve rispetto ad altre che sono nella nostra memoria, ma così sincera nell’espressione e nella gestualità, e così giusta negli accenti, da risultare davvero emozionante. Piero Pretti è stato un Pinkerton centratissimo vocalmente e scenicamente, lo Sharpless di Nicola Alaimo aveva una sfumatura di nobile e scorata malinconia che ci è piaciuta molto, c’era una Suzuki veramente di lusso, la maltese Marvic Monreal, l’ottimo Goro di Oronzo D’Urso, ma anche tutti i comprimari erano da lodare per i loro meriti vocali e scenici, e citeremo almeno Min Kim, Yamadori, e lo zio bonzo, Bozhidar Bozhkilov. Successo, lo ripetiamo, travolgente,
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