Donne in musica nel 1600
Prodotto dalla Fondazione Alessandro Lanari, il Festival “Barocco delle Marche”, ad Ancona ed in altri centri della regione, ha proposto un concerto di rarità musicali nella vanvitelliana Chiesa del Gesù del capoluogo marchigiano.
In programma musiche di alcune compositrici italiane del Seicento, Isabella Leonarda, Maria Xaveria Peruchona e della anconetana Maria Francesca Nascimbeni. Donne che si dedicarono alla composizione all’interno delle mura claustrali, o, nel caso della giovanissima Nascimbeni, giusto prima di entrare in monastero.
Un repertorio pochissimo eseguito, e concepito in un ambiente totalmente isolato dal mondo e purtuttavia straordinariamente e inaspettatamente ricco, in linea con il gusto del tempo e dove chiare sono le influenze della musica teatrale e di quella “teoria degli affetti” che dal Rinascimento in poi ha inteso la musica come riflesso della parola e degli stati emotivi da essa espressi. Segno che anche all’interno delle mura del monastero le monache riuscirono ad avere contezza di quanto accadeva fuori in ambito musicale.
Incredibilmente ricca la produzione di Isabella Leonarda, di cui sono state eseguite, oltre che musiche vocali sacre, anche tre bellissime sonate per due violini e basso continuo, di strutture diverse, da quella più consueta in più tempi di velocità contrastanti, a quella in un tempo solo in forma di rondò, come per la sonata V.
Ritmi ternari di danza, movimenti gravi e solenni, e una straordinaria inventiva melodica hanno messo in luce una non comune perizia compositiva , specie in una donna compositrice, che come tutte le donne del tempo raramente poteva accedere ad una istruzione musicale che la portasse oltre la soglia del dilettantismo.
L’esecuzione era affidata a Giuditta Longo e Magdalena Frigerio violini, Antonio Coloccia violoncello e Dimitri Betti maestro concertatore all’organo.
Le composizioni vocali delle tre compositrici, tutte di ambito sacro, in latino, in volgare, o in entrambe le lingue all’interno della stessa composizione, segno di un misticismo molto personalizzato e fuori dagli standard liturgici, hanno offerto una complessa sfaccettatura di ciò che doveva essere la spiritualità di una monaca del Seicento: dal gaudio dei ritmi danzanti, all’estasi mistica dei melismi delle voci sole, ai toni trionfali e anche guerreschi della militanza contro il male, all’invocazione delle sofferenze come strumento catartico di sublimazione.
I brani erano a voce sola e a due soprani, interpretati con molta intensità da Benedetta Corti e dalla cinese Jiayu Jin, recentemente apprezzata, quest’ultima, nel doppio ruolo di Euridice e la Musica nell’Orfeo del Festival Monteverdi di Cremona.
Musiche pochissimo o addirittura mai eseguite, come quelle di Maria Francesca Nascimbeni, che meritano di essere conosciute e valorizzate anche perché consentono di scoprire dimensioni diverse da quelle più note del periodo barocco.
Il pubblico ha apprezzato molto il concerto e la presentazione dei beni a cura di Dimitri Betti e applaudito calorosamente gli interpreti.
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