Risate e applausi per L’equivoco stravagante al ROF
Una brillante e veloce, troppo veloce, esecuzione del primo dramma giocoso di Rossini
Per L’Equivoco stravagante, la seconda opera in programma nel 2024, il ROF è tornato al Teatro Rossini, che è la sede ideale per le opere del suo compositore eponimo ma viene poco usato dal festival. Questo dramma giocoso, scritto nel 1811 per Bologna, è la terza prova teatrale del diciannovenne Rossini e la la sua prima opera comica in due atti, ma il soggetto è così esile che si sarebbe meglio adattato alle farse in un atto che Rossini andava scrivendo per Venezia in quegli anni. Il libretto gli offriva i ritratti pesantemente caricaturali di tre tipi maschili molto diversi tra loro ma egualmente ridicoli, una satira delle pretese letterarie delle donne (speriamo che gl’inquisitori del politically correct non se ne accorgano) e alcune allusioni sessuali piuttosto audaci per quei tempi: poteva forse bastare per l’oretta circa di una farsa ma certamente era poco per alimentare le due ore e mezza di questo dramma giocoso.
Si è ripreso l’allestimento ideato dai registi Moshe Leiser e Patrice Caurier nel 2019 per il palcoscenico della Vitrifrigo Arena, di ben otto metri più largo di quello del Teatro Rossini. Trasportato ora in uno spazio più ristretto, dà l’impressione di un sovraffollamento del palcoscenico e di un sovraccarico di idee, che prese singolarmente sono brillanti e realizzate con una recitazione regolata al millimetro ma alla lunga risultano stancanti. Dà un simile effetto di saturazione anche la direzione di Michele Spotti, veloce, velocissima, con l’intenzione - si deve pensare - di sottolineare la vivacità dell’azione; ma poiché Spotti fa suonare l’orchestra sempre forte o fortissimo, alla fine il risultato è monotono e pesante. Per di più crea qualche affanno alla non eccelsa Filarmonica Gioachino Rossini.
Nicola Alaimo è un buffo di gran classe ma questa volta la caratterizzazione del suo personaggio è eccessivamente caricaturale, perfino più di quel che richiederebbe il ridicolo Gamberotto. Il giovane Carles Pachon è più equilibrato nell’altrettanto ridicolo Buralicchio: questo giovane uscito dall’Accademia Rossiniana è da tener d’occhio. Pietro Adaìni fa un pungente ritrattino di Ermanno, un raro caso di un ruolo tenorile integralmente buffo. Il contralto Maria Barakova si muove con ironia e agilità sia nelle note sia nelle vesti di Ernestina: mai si immaginerebbe che abitualmente canti Wagner, Musorgskij e Shostakovich. Patricia Calvache e Matteo Macchioni sono un’eccellente coppia di astuti servitori. Il coro è formato dai soli elementi maschili del Coro del Teatro della Fortuna di Fano, che cantano con spigliatezza e recitano come se ognuno di loro fosse un attore provetto.
I fan incondizionati di Rossini sono entusiasti, ridono, applaudono e tributano a tutti un festoso successo.
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