Norma minimalista

I debutti allo Sferisterio di Macerata

Norma (Foto Simoncini)
Norma (Foto Simoncini)
Recensione
classica
Macerata Opera Festival, Arena Sferisterio
Norma
20 Luglio 2024 - 09 Agosto 2024

Triplice debutto nel cast di Norma, l’opera scelta dalla direzione dello Sferisterio di Macerata per celebrare le sessanta edizioni del festival; traguardo che è stato anche festeggiato con un nuovo libro, a cura di Paolo Gavazzeni e Floriana Tessitore edito da Quodlibet,  intitolato Ad ornamento della città, a diletto pubblico. Sessanta edizioni del Macerata Opera Festival, riprendendo la scritta che campeggia sull’edificio.

Debutto dunque per i tre protagonisti, Marta Torbidoni nel ruolo del titolo, Roberta Mantegna in Adalgisa e Antonio Poli in Pollione,  affiancati da Riccardo Fassi come Oroveso, Carlotta Vichi inClotilde e Paolo Antognetti in Flavio, che, tutti, hanno reso onore alla partitura belliniana e hanno riscosso meritati applausi.

Marta Torbidoni, marchigiana, soprano emergente che sta scegliendo i luoghi più difficili per far conoscere il proprio talento (è stata poco più di un mese fa  Aida a Verona, ma  può permettersi i grandi spazi aperti  per le doti di volume e proiezione vocale) ha dato voce alle diverse anime di Norma in maniera eccellente,  evidenziando ottime capacità interpretative. Austera, sognante, adirata, tormentata, commossa lo è stata negli accenti, nel fraseggio, nell’emissione,rendendo intensamente  i mutamenti emotivi del personaggio; è arrivata a sorprendere l’ascoltatore con un cambio di timbro- si sarebbero dette due cantanti diverse!- nel passaggio tra le ingiunzioni imperiose ai Druidi di procrastinare la rivolta e l’inno delicatissimo alla luna nella più celebre pagina dell’opera.

Anche Roberta Mantegna ha ben interpretato  con elegante fraseggio e perfetta intonazione il personaggio meno sfaccettato di Adalgisa, più simile agli eroi metastasiani nella capacità di dominio della passione e nello scettro dato all’amicizia, sopra ogni altro sentimento; più delicato e chiaro il suo timbro rispetto a quello della sacerdotessa,  adatto quindi ad identificare la giovane novizia rispetto alla donna più matura.

Antonio Poli, appena un po’ incerto nella cavatina, ha poi subito assestato la voce e ha convinto appieno nella interpretazione della non facile parte, anche lui per il considerevole volume sonoro e l’equilibrio timbrico in tutto lo spettro vocale.

Un menzione speciale infine al Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, ben preparato da Martino Faggiani, apprezzato per la omogeneità nella emissione e nel ritmo e per le sfumature dinamiche.

La direzione musicale era affidata a Fabrizio Maria Carminati, alla guida della FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana, che ha saputo ben equilibrare buca e palcoscenico in una resa musicale complessivamente di rilievo.

Si è detto dei tre debutti del cast vocale, ma in verità debuttava anche Maria Mauti nella regia operistica. Mauti, milanese, che ha una carriera da regista e documentarista, non ha certo scelto un titolo facile per il suo battesimo nella regia d’opera; caratterizzata da una  certa staticità nella drammaturgia, che si svolge intorno ai due nodi  della rivelazione delle identità (dell’amante comune e della vittima da immolare) Norma indaga principalmente l’evolversi della interiorità della protagonista alla luce di ciò che avviene fuori, nel contrasto tra il Superego  e gli stati emotivi  di madre e di amante. Quindi un dramma interiore certo difficile da mettere in scena, ma sicuramente avrebbero giovato allo spettacolo più idee, più movimento; invece tranne qualche bel quadro (le due donne una di fronte all’altra, rivali ed amiche, vicine nella percezione del proibito sentimento amoroso) e qualche trovata (il coro che entra dalla platea, o che fuoriesce da botole infuocate, pronto alla battaglia) tutto è apparso fermo, statico, lento. Non ha aiutato la scenografia praticamente vuota,  con quattro scalandroni metallici multiuso, il disco lunare onnipresente, e i costumi anonimi, praticamente monocolori.

In ogni caso,  tra rappresentazioni di questo tipo, da considerare poco più di una esecuzione in forma di concerto, e altre gravide di eccessi registici,  ridondanze e stratificazioni di significati nuovi e aggiunti rispetto  a quelli del libretto e della musica, beh si preferiscono le prime: almeno l’ascolto non risulta disturbato  da enigmi registici da interpretare.

 

 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

A Liegi nuova produzione di Káťa Kabanová

classica

Prima assoluta del “racconto musicale in 7 quadri” di Silvia Colasanti

classica

Al Festival Verdi un’originale confronto tra madrigali del 600 e del 900, dove Monteverdi ha giocato in casa