Paolo Fresu, improvvisazione per il futuro
Nel triplo Legacy Paolo Fresu si racconta in forma di improvvisazione
Una delle citazioni più usate a proposito del jazz e in generale di tutte le arti performative è che «l’improvvisazione non si improvvisa».
Quando la pronunciò quella frase forse Giancarlo Schiaffini non aveva previsto la lunga fortuna che avrebbe avuto la sua considerazione. C’è in nuce tutto la discussione sulla estemporaneità. Due i corni del dilemma.
O si accetta la pura aleatorietà delle note e del suono-rumore, a costo di costruire una mappa sonora che riproduca in scala uno a uno il “soundscape” del pianeta, in una declinazione e proliferazione impossibile e infinita di quadri sonori, o, viceversa, anche il tratto che può apparire più estemporaneamente creativo, in musiche che hanno una struttura profonda perfettamente riconoscibile, in realtà ha a monte e presuppone una conoscenza di pattern, soluzioni, espedienti, fraseggi noti liberamente ricombinabili.
Nulla togliendo, naturalmente, a quell’aria di freschezza sorgiva e di stupore che coglie e rinfresca l’ascoltatore quando parte un’improvvisazione riuscita, e dunque anche con un buon tasso di assoluta imprevedibilità, per chi sta suonando, per le orecchie di chi raccoglie quelle intuizioni. Comunque rischiosa, l’improvvisazione, per chi la sta facendo.
Chi scrive queste note ricorda di aver ascoltato, un quarto di secolo fa, Paolo Fresu in una performance solitaria al Palazzo Ducale di Genova, nell’ambito di una mostra che indagava i rapporti tra arti visive e musica. Performance che sarebbe dovuta durare circa un quarto d’ora. Quella sera, però, le muse dell’ispirazione e le fate dell’improvvisazione dovevano aver suscitato una bella serie di sorrisi interiori al trombettista di Berchidda, perché Fresu improvvisò, camminando per le sale austere, per oltre un’ora.
Qui si riannodano i fili della nostra storia. Fresu è musicista che sa assumersi il rischio dell'improvvisazione: lo fa continuamente, anche se forse la curiosità intelligente per la frequentazione dei repertori più diversi (dalla musica classica antica e folk a David Bowie, per intendersi) spesso ha aizzato malmostose e pigre critiche per una presunta levigatezza conforme delle esecuzioni.
Poco “jazz”, insomma, per alcuni – quelli che o ascoltano cinque dissonanze di fila, o non è musica degna d’ascolto. Lui, giustamente, non se ne cura granché. Tant’è che aprendo la confezione di questo nuovo lavoro ci si imbatte subito in un proverbio africano messo a mo' di epigrafe: «Quando le radici sono profonde non c’è ragione di temere il vento».
Adesso, per festeggiare i suoi sessant’anni, Fresu lancia un pacifico guanto di sfida esattamente sul tema dell'improvvisazione. Lo fa con un triplo, magnifico cd (anche vinile) che si intitola Legacy, eredità. Con tre formazioni diversi, attive da molto anni. Un titolo importante, che lo stesso musicista così spiega «un lascito per il domani e un dovere verso me stesso e chi verrà dopo di me».
Tutte le registrazioni arrivano dallo studio ArteSuono di Cavalicco, e dunque lasciano spazio alle sapienti manovre sui cursori di Stefano Amerio, mago dei suoni restituiti alla loro pienezza di armonici.
Dal 20 al 22 settembre 2023 le dodici improvvisazioni del primo cd, Improvvisi: Fresu in duo a rinnovare il sodalizio ventiduenne con l'amico Uri Caine, impegnato sia al pianoforte acustico, sia al Fender Rhodes. Ghost track "L’amante bugiardo", splendida aria della prediletta compositrice veneta secentesca Barbara Strozzi.
Il secondo cd, Impromptus, raccoglie le improvvisazioni dal 25 al 27 settembre ad ArteSuono del Paolo Fresu Devil Quartet, allargato in più casi a ospitare Roberto Cipelli e Tino Tracanna dall’altra formazione storica di Fresu, il Quintetto. Ghost track finale qui è una versione emozionante di "My Man’s Gone Now" di Gershwin.
Il Quintetto storico (e stavolta ricambia il favore in studio Bebo Ferra dal Quartetto, con le sue chitarre) è protagonista delle improvvisazioni dal 28 al 30 settembre, racchiuse nel titolo Repens. La traccia-fantasma finale qui è forse la più stupefacente dell’intero lotto, "Only Women Bleed": dal canzoniere hard rock disturbante e tumultuoso del grande Alice Cooper.
Ci voleva uno come Fresu, assolutamente indifferente alle probabili stigmatizzazioni, per cavarlo fuori come un coniglio dal cilindro dei ricordi. Partite per questo viaggio sonoro in una giornata in cui avete tempo e voglia di ascoltare: anzi, no, improvvisatela con consapevolezza, quella giornata particolare da dedicare all'improvvisazione.