Giovanna d’Arco secondo Voltaire
Successo per Jeanne Dark di Fabio Vacchi su testo di Stefano Jacini in prima assoluta nella Sala Mehta del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
C’è da credere che non ci sia agguerrita strumentazione storiografica tale da risolvere il mistero di chi è stata davvero Giovanna d’Arco, strega per gli inglesi (compreso, un secolo e mezzo dopo i fatti, lo Shakespeare dell’Enrico VI) che la mandarono al rogo, fantoccio manovrabile dall’autorità regale ed ecclesiastica per Voltaire, santa (ma tardivamente canonizzata, solo nel XX secolo) per la chiesa romana; resta il fatto che dietro al suo vessillo la Francia occupata e sconfitta in battaglia ritrovò la via della riscossa, e, in qualunque modo ciò sia avvenuto (intrighi di corte e di curia, magìa bianca o nera), resta il fatto che la stessa riottosa nobiltà cavalleresca che aveva subito sconfitte durissime come quella di Azincourt (memorabile vittoria inglese rievocata sempre da Shakespeare, nell’Enrico V) accettasse di essere messa in riga da una ragazzina analfabeta di campagna.
E’ questo il mistero che può essere letto da tante angolazioni, il mistero che ha attratto un compositore sperimentatissimo nella dimensione teatrale come Fabio Vacchi e il librettista Stefano Jacini, memore quest’ultimo di un suo romanzo, L’invidia degli dei, il cui protagonista muore con il dispiacere di non essere riuscito a trarre un libretto dal poema eroicomico La Pucelle d’Orleans di Voltaire, che ovviamente polemizzava con il culto di Giovanna con argomenti che è facile intuire. Jeanne Dark in prima assoluta il 14 maggio al festival del Maggio Musicale Fiorentino (abbiamo assistito alla recita del 18) ci propone dunque lo stesso enigma. Il libretto propende decisamente ai toni comici o meglio eroicomici, mostrandoci sulla falsariga volterriana un fratacchione (Frate Bordone, con lo Stalliere suo accolito) che vuole “spulzellare” Giovanna, un Delfino interessato più ai suoi amori con la seducente Agnese sua promessa sposa che alla guerra, l’ameno “dialogo in cielo” dei campioni delle due parti, San Dionigi per la Francia e ovviamente San Giorgio per l’Inghilterra, la discesa all’Inferno del frate messo a bollire dai diavoli, e alla fine non il rogo ma l’ascesa in un ariostesco mondo superno riservato ai sognatori e agli idealisti grazie al suo asino alato. Jacini e Vacchi ci hanno messo di loro invenzione il personaggio storico del condottiero Gilles de Rais, che nel poema di Voltaire non c’è, ma che il grande illuminista cita altrove come vittima della superstizione, perché fu impiccato (nel 1440, dopo un dubbio processo che lo vedeva accusato di aver ucciso dei bambini, processo che fu forse il modo di togliersi di torno uno scomodo eroe e per impossessarsi dei suoi beni (lo stesso dubbio in un celebre romanzo di Huysmans, Là-bas, del 1891): qui, in Jeanne Dark, è un seducente e tormentato guerriero, e finisce per salvarsi anche lui, con Giovanna, in groppa all’asino volante. Ma libretto e musica restano in bilico sul mistero di Giovanna. Non a caso hanno forse i risultati migliori in due momenti antitetici: quella francamente comica delle truppe contrapposte che si sfidano in una gara d’insulti, i francesi sugli spalti delle mura di Orléans e gli inglesi da sotto (il piccolo coro era in buca, in scena c’erano i figuranti), e durante la scena del processo (in cui è lo stesso Voltaire a vestire i panni del giudice , il vescovo Cauchon) con il canto estatico di Jeanne che rievoca le sue visioni. Rispetto agli spunti comici del testo, la musica di Vacchi si inabissa in questo mistero un po’ dark, in una trama complessa di linee leggere ma fittissime che la piccola orchestra dipana incessantemente e in cui forse la ricchezza polifonica della lavorazione strumentale soffoca un po’ le acmi teatrali del discorso, aderendo, per ciò che riguarda la vocalità, a quel neo-recitar cantando scattoso e geometrizzante che sulla scena lirica ha oramai lungo corso. Buona realizzazione, con una regìa agile e complessivamente ben dosata di Valentino Villa (scene di Serena Rocco, costumi di Gianluca Sbicca , luci di Pasquale Mari), e un buon cast in cui abbiamo apprezzato soprattutto l’eroina e l’antieroina, la Jeanne di Alexia Voulgaridou e la pimpante e spiritosa Agnese di Ohla Smokolina, e, nel comparto maschile, il Delfino (ma anche Diavolo nella scena all’inferno) di Alfonso Zambuto, ma anche il disinvolto Elia Schilton nella parte recitata di Voltaire. Da apprezzare veramente anche la concertazione di Alessandro Cadario che alla guida degli strumentisti del ContempoArtEnsemble è riuscito ad aver ragione di una partitura complessa e reticolare. Buon successo.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln