Tutte le vite di Elina Makropulos
All’Opera Bastille regia di Warlikowski, sul podio Susanna Mälkki
Emilia Marty, Eugenia Montez, Elian MacGregor sono tutte Elina, figlia del medico greco Makropulos che ha sperimentato su di lei bambina un elixir di lunga vita che le ha consentito di vivere trecento anni sotto diverse identità, ma le iniziali sono rimaste sempre le stesse come non sono mutate la sua bellezza e la voce che incanta. Al bell’intreccio dell’Affare Makropulos, tratto dallo stesso Janáček dal lavoro dello scrittore Karel Čapek, una sempre attuale riflessione sul desiderio d’immortalità, il regista polacco Krzysztof Warlikowski aggiunge un visuale tutto ispirato ad Hollywood e alla grandi dive, da Gloria Swanson nel film “Viale del tramonto” alla più amata di tutte, Marilyn Monroe. La scelta di sovrapporre altre storie a quella principale, tratti dagli anni d’oro del cinema, compreso King Kong, con contributi video di Denis Guéguin davvero molto belli, sovraccarica però l’occhio e distrae dalla musica. Ed è un vero peccato sopratutto quando il penultimo lavoro di Leoš Janáček è davvero ben eseguito come nel caso dell’Orchestra dell’Opéra de Paris sotto la guida della finlandese Susanna Mälkki che ne restituisce una versione ricca di colori, drammatica e sensuale insieme, dai suoni puri, taglienti, quasi disperati. Se l’allestimento di Warlikowski, creato nel 2007, entrato in repertorio a Parigi dove è già stato ripreso nel 2009 e nel 2013, continuando ad affascinare e fare discutere, e l’esecuzione musicale quest’anno è senza dubbio di alto livello, si resta però un po’ delusi dal personaggio principale, il famoso soprano finlandese Karita Mattila che indossa le vesti della cantante Emilia Marty, dall’interpretazione molto studiata e grintosa ma la cui voce, sopratutto nella parte più acuta della partitura, appare stanca e forzata. Vestita e truccata come le grandi star degli anni ‘30 e ‘40, entra in scena come Marilyn nel suo famoso vestito bianco plissettato di “Quando la moglie è in vacanza”; il suo personaggio appare finto ed è poco coinvolgente, malgrado l’indubbio mestiere e le doti interpretative della Mattila che sono alla fine ricompensati da affettuosi applausi. Comunque mattatrice in scena, la Mattila è pure affiancata da validi colleghi, a cominciare dal tenore ceco Pavel Cernoch che è Albert Gregor e dal baritono basso danese Johan Reuter che veste i panni di Jaroslav Prus, i due contendenti l’eredità del barone Prus di cui il primo sarebbe il discendente di un ramo illegittimo. Ottime poi in particolare le prove del tenore francese Cyrille Dubois come Janek, il figlio di Jaroslav Prus innamorato pure di Emilia e che infine si uccide; e del il tenore inglese Peter Bronder, come Hauk-Sendorf, l’anziano amante della donna quando era una zingara e si chiamava Eugenia Montez. L’avvocato di Gregor, il dottor Kolenaty, è il giovane baritono ungherese Karoly Szemerédy mentre il suo impiegato Vitek è cantato dal tenore australiano Nicholas Jones, quest’ultimo al suo debutto sul palco dell'Opéra Bastille dopo aver integrato la Troupe lyrique de l’Opéra de Paris, cosi come il soprano statunitense Ilanah Lobel-Torres che interpreta molto bene Krista, la figlia di Vitek, che vuole divenire pure una famosa cantante e a cui infine Emilia Marty, ormai all’età di 337 anni, stanca di vivere e scegliendo di morire, passa il testimone nella ricerca dell’immortalità attraverso la fama. Coro come sempre ben preparato da Ching-Lien Wu.
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